LA LIBERTÀ DEI GENI

Press Meeting

Siamo veramente figli del caso e prodotto della necessità? La nostra persona è totalmente determinata dalle mutazioni genetiche e definita dalla modalità in cui i geni si adattano all’ambiente? A queste domande si propongono di dare risposta Carlo Croce, direttore del dipartimento di Virologia Molecolare, immunologia e genetica umana dell’Ohio State University e del Comprensive Cancer Center, e Pier Giuseppe Pelicci, oncologo dell’IFOM-IEO Campus, nell’incontro in sala A3 delle 11.15.
La certezza nella pratica scientifica sembra spesso un obiettivo utopico a causa di una certa schizofrenia. “Da un lato assistiamo a un delirio di onnipotenza – afferma Marco Pierotti, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano – dall’altro ad un certo relativismo che ritiene che la realtà naturale sia in ultima istanza inaccessibile alla mente umana”. Di fronte a tale mancanza di certezza il caso sembra essere fattore dominante, mentre il tema della fede non trova spazio nel mondo scientifico.
“Certi preconcetti e dogmi inibiscono il progresso della scienza”, afferma Carlo Croce. “Per esempio la pratica di ritenere le alterazioni genomiche come un epifenomeno e non la causa della malattia, ha ritardato molte scoperte in campo medico”. Il famoso oncologo delinea in breve la strada che ha portato a scoprire l’importanza del mRNA nello studio dei tumori. “L’analisi del gene BCL2, che inibisce la morte cellulare, ha permesso di verificare che molte malattie non sono dovute ad un singolo gene, ma a molti geni. In particolare nel 1989 si è scoperto che una certa alterazione non era dovuta ad un oncogene, ma all’mRNA”. Esperimenti sui topi hanno evidenziato che è possibile sopprimere un tumore tramite l’utilizzo di antimRNA e micromRNA. “Se non ci fossimo accorti che il nostro era un preconcetto, avremmo scoperto l’mRNA molto prima” conclude Croce, sottolineando l’importanza di una mente aperta.
L’incontro prosegue con l’intervento di Pelicci. “Il vostro invito mi ha suscitato un certo entusiasmo, che però poi è venuto meno sentendo l’argomento dell’incontro. Cosa c’entra la libertà con i geni? Penso che si possa trovare una risposta solo rispondendo ad un’altra domanda: è proprio vero che ciò che siamo e saremo è scritto nel nostro DNA?” Secondo il noto oncologo non c’è una limitazione alla nostra libertà nonostante quanto già scritto nei nostri geni. La scoperta dei geni, le nuove tecnologie, la mappatura del genoma umano (una sequenza di circa 30mila geni), hanno favorito la nascita di una nuova disciplina, la medicina genomica. “Alcuni scienziati hanno ipotizzato che sia possibile far vedere ad ognuno un film sulla sua vita, basandosi sulle conoscenze derivate dall’analisi del suo genoma. Ma è davvero così?” si interroga Pelicci. L’introduzione di una mutazione nel gene p66 del topo ha permesso di scoprire che quella stessa mutazione in un certo ambiente aumentava l’aspettativa di vita, in un altro portava alla morte. “Noi siamo liberi di determinare l’attività di un gene tramite le scelte fatte sull’ambiente. Le modificazioni della cromatina dovute all’ambiente sono trasmissibili di cellula in cellula e di generazione in generazione”. Per questo motivo non possiamo affermare che tutto sia già scritto.
Un breve contributo video permette agli spettatori di conoscere il terzo invitato Mauro Ferrari, presidente e amministratore delegato del Methodist Hospital Research Institute di Houston, assente per impegni istituzionali. “Non sono un gene, al massimo posso essere una proteina che va e fa” esordisce con tono scherzoso Ferrari. “Visto il tema dell’incontro vorrei parlare della libertà partendo dal titolo di un testo friulano (la mia terra) Liberi di dover andare”. Il discorso del padre della nanomedicina verte attorno a tre punti. La libertà di dover andare implica la possibilità di lasciare il proprio paese per poter contribuire al meglio al bene della comunità, ma significa anche (e questa è la seconda libertà) dover attraversare diverse discipline perché “la sola vera missione è essere al servizio degli altri”. La terza libertà è legata all’incontro dello scorso anno con il popolo del Meeting che è stato “un’esperienza di liberazione che mi ha permesso di perdere una certa timidezza nel raccontare ai miei colleghi i valori della fede”. Il saluto si conclude con l’invito a testimoniare la propria fede e la speranza di essere presente al prossimo Meeting. Pierotti conclude riprendendo il tema del Meeting: “L’esistenza diventa una immensa certezza quando a questa esistenza riusciamo a dare significato”.

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