La legge 180 e i suoi primi 40 anni. Una rivoluzione del passato o una speranza presente per il futuro?

Press Meeting

Rimini, martedì 21 agosto – In Arena Meeting Salute C3 si fa un bilancio della applicazione della legge che è stata uno spartiacque nella cura del malato psichiatrico non solo in campo sanitario ma anche nella società. Introduce e conduce Giorgio Cerati, psichiatra, Associazione Medicina e Persona e partecipano: Fabrizio Asioli, già direttore del DSM di Bologna e della rivista Psichiatria di Comunità; Bernardo Carpiniello, presidente della Società Italiana di Psichiatria; Mariapia Garavaglia, vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, già Ministro della Sanità.

Alla legge 13 maggio 1978, n. 180, in tema di “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, è associato comunemente il nome di Franco Basaglia, psichiatra e promotore della riforma psichiatrica in Italia. Egli s’impegnò nel compito di riformare l’organizzazione dell’assistenza psichiatrica ospedaliera e territoriale, proponendo un superamento della logica manicomiale e partendo dal riconoscimento della persona in quanto soggetto di diritto inalienabile.

Cerati introduce i lavori citando il presidente Mattarella nel suo recente ricordo della Basaglia: “La legge 180 sfida la società a diventare contesto appropriato per tutti e invita a riflettere sulla dignità inalienabile di ogni persona”. Poi prosegue: “Prima della 180 c’era la paura per i malati psichiatrici e i manicomi, luoghi di contenimento, erano un riflesso di questa paura che però negava la libertà individuale e il rispetto della persona. Il tema di oggi sulla speranza per il futuro è in linea col tema del Meeting di quest’anno sulla ricerca individuale di felicità come motore di trasformazione della società. Si è arrivati alla legge 180 dopo lunga riflessione sociale, ma poi, grazie al Partito Radicale e ad una opinione pubblica matura, è stata promulgata in brevissimo tempo. Anche la sua attuazione ha avuto tempi relativamente brevi grazie al lavoro di medici e operatori del settore che ci hanno creduto. La 180 ha cambiato anche la visione culturale, non più matti da legare ma pazienti da curare. Oggi vogliamo rievocare ma anche verificare lo stato di attuazione perché negli anni sono cambiati i contesti: bisogni degli adolescenti, pazienti non più passivi nella cura, nuovi farmaci”.
Garavaglia illustra le conquiste derivate dalla legge: “Alla 180 nello stesso anno è seguita la 833 che ha rivoluzionato il diritto di tutela della salute. La malattia psichiatrica ha avuto finalmente lo stesso diritto di attenzione e cura delle altre malattie. Però il primo progetto di salute mentale previsto dalla legge l’ho firmato 16 anni dopo, nel 1994, a causa di lentezze attuative. Un primo punto, quindi, è che resta ancora tanto da fare sui tempi di attuazione degli strumenti previsti, che altrimenti arriverebbero dopo che si è manifestato il bisogno. Nonostante i grandi passi della 180, oggi abbiamo ancora molto da lavorare perché i tagli economici hanno colpito la sanità e il personale sanitario dedicato alle cure è molto inferiore al necessario e di conseguenza le famiglie col parente malato vengono lasciate sole nel loro dolore”.

Prosegue Asioli: “Prima della 180 il malato arrivava in ospedale psichiatrico nella fase acuta e contro la sua volontà vi veniva detenuto per lungo tempo. Ma non tutti erano malati, c’erano handicap, anziani, prostitute. Le vecchie leggi erano incentrate sul comportamento fino al pubblico scandalo e il contenimento era disposto dall’autorità di pubblica sicurezza senza la necessità di un referto medico. Con la 180 si passa in dieci anni da centomila internati ad un milione di persone in cura, perché volontariamente la gente si affida capendo la bontà del metodo. Oggi la vergogna è passata e si parla liberamente di ansia e depressione”.

Carpiniello evidenzia che all’inizio la 180 è stata considerata inattuabile, ma poi anche l’OMS l’ha citata come modello di organizzazione della cura psichiatrica, soprattutto per quei tanti Paesi nel mondo che ancora hanno i manicomi istituzionali. Continua: “L’attuazione della 180 in Italia è stata possibile grazie alla famiglia come mattone della struttura sociale. Ma le promesse della 180 rischiano di restare inattuate, perché manca programmazione e investimento nell’assunzione di personale e nella sua formazione. Teniamo presente che nel frattempo la popolazione è aumentata e così i nuovi casi: migranti, carcerati, tossicodipendenti, giocatori patologici”. Ma insiste e chiude Garavaglia: “Bisogna lottare per avere il personale necessario, e la speranza è nella partecipazione dei cittadini a questa battaglia di civiltà e nella condivisione. Una frase di Giussani può costituire un auspicio e una speranza nella completa e continua attuazione della 180: “la soluzione dei problemi che la vita pone ogni giorno non avviene affrontando direttamente i problemi, ma approfondendo la natura del soggetto che li affronta”.

(A.Le.)

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