La distribuzione urbana delle merci

Press Meeting

Cosa si nasconde dietro la scienza logistica? È possibile organizzare la distribuzione a misura d’uomo? Queste le domande di Carlo Tosti, direttore dell’Osservatorio Eurispes sulla mobilità e i trasporti. Mentre nota che a Roma si fanno 35mila consegne al giorno, e che gli stalli dedicati sono solo quattrocento, afferma che “nella logistica bisogna porre le persone al centro della ridefinizione del patto di cittadinanza”. La quasi totalità del trasporto è affidata ai mezzi su gomma anche nel tragitto finale, il cosiddetto ultimo miglio, con i conseguenti problemi di inquinamento, inefficienza e congestione dei centri urbani. Tosti però indica esempi di soluzioni già percorribili, come la zona a traffico limitato per le merci di Milano, ma dichiara anche che il grande assente è “un chiaro sistema di regole, di innovazioni tecnologiche e di grandi infrastrutture”.
Il moderatore passa poi la parola a Massimo Marciani, presidente di FIT Consulting, che racconta di aver praticamente riscritto il proprio intervento dopo la serata di ieri passata al Meeting, prima esperienza di coinvolgimento personale con la manifestazione. “L’uomo va messo al centro delle nostre attenzioni organizzative, non dev’essere un oggetto sottomesso a regolamenti. Così ho tolto l’abito del tecnico di pianificazione e ho riscritto la relazione col cuore”. Il dato è che l’ottanta per cento della popolazione europea è “rinchiusa” in città, mentre il problema è che “superato il modello medievale, con le mura che separano dall’esterno, il modello non si è ancora evoluto in una felice integrazione col territorio”. Marciani passa poi a sottolineare la ricaduta sociale del problema della distribuzione urbana delle merci, con la progressiva chiusura dei negozi sotto casa e la situazione spesso critica degli operatori della logistica, dal magazziniere al padroncino che guida il mezzo. Quasi nessuno lavora in sicurezza, gli orari sono disumani e il rischio imprenditoriale della grande azienda di distribuzione è praticamente ribaltato sugli operatori più indifesi. “Il mio lavoro con i Comuni – conclude – è riportare queste persone al centro dello sviluppo del settore, con le nuove tecnologie come strumento abilitante”
Lorenzo Fiori, senior vice president strategie di Finmeccanica, inquadra l’apporto tecnologico in un contesto (previsioni 2030) in cui le città occuperanno il tre per cento della superficie in cui vivrà il cinquanta per cento della popolazione, consumando però ben il novanta per cento delle risorse. E se ciò sembrasse avveniristico, cita una delle maggiori aziende logistiche, la Ups, che già oggi vede il quaranta per cento dei suoi ricavi provenire dalle consegne di beni acquistati on line.
Le strategie di intervento, basate su tecnologie già ampiamente disponibili e collaudate come quella satellitare, comportano investimenti molto minori rispetto alle grandi infrastrutture fisse, e si dirigono verso la soluzione integrale del problema della tracciabilità. “Conoscere istante per istante la posizione del bene da consegnare” – spiega Fiori – “rende possibile il Pay per Use, la tariffazione della consegna nell’ultimo miglio in funzione delle risorse effettivamente impiegate”.
Il manager Finmeccanica racconta poi l’esperienza del sistema integrato di Genova, dove si è conseguito un sensibile guadagno in tempo e in velocità, ma che ha comportato prima il coinvolgimento e poi l’integrazione operativa e culturale tra soggetti diversi, pubblici e privati, istituzionali e commerciali. “Il sistema che abbiamo costruito può essere facilmente esteso – afferma – in presenza di una rete informatica che nel 2020 avrà cinquanta miliardi di dispositivi collegati. L’Ict satellitare e la gestione dell’ultimo miglio realizzate per Genova possono già costituire una piattaforma per il B2B e il B2C in ogni area metropolitana”
Graziano Pattuzzi, infine, presidente dell’Autostrada regionale Cispadana, riprende proprio l’aspetto del dialogo e dell’integrazione con gli attori della società e dell’economia presenti sul territorio, che nel suo caso va dal Brennero all’Adriatico. Un territorio che concentra il due per cento del pil nazionale, dove “gli imprenditori affermano che i veri problemi iniziano appena la merce varca il cancello della fabbrica”. Il progetto, di cui si parlava da molti anni, è ancora fermo da due anni alla valutazione dell’impatto ambientale, anche se Pattuzzi spera che nel 2015 la parola possa passare finalmente alle ruspe. “In questi anni abbiamo dialogato con tutti – afferma – proponendo modelli, eseguendo sondaggi e cercando di condividere ogni strategia, e la totalità degli intervistati nei sondaggi ritiene l’opera indispensabile per lo sviluppo economico della zona. La nostra economia non può basarsi sul terziario – afferma ancora – è necessario anche produrre beni”
(A.C.)

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