Rimini, 19 agosto – Un applauso forte, incessante e sentito quello che ha accompagnato il finale del film “Viaggio in Italia: la Corte Costituzionale nelle carceri”, trasmesso in Area Percorsi A2 alle ore 17:00. Presenti in sala anche Marta Cartabia e Francesco Viganò, rispettivamente vicepresidente e giudice della Corte Costituzionale.
Un film profondo che racconta di un viaggio quasi paradossale: sette giudici della Corte Costituzionale che visitano, incontrano ed ascoltano i detenuti di sette istituti penitenziari italiani. Viganò, durante il breve incontro che ha preceduto la proiezione, ha sottolineato come questo lavoro e questi incontri siano serviti principalmente per conoscere le persone, le loro storie e per comprendere l’impatto che le decisioni dei giudici hanno su di esse.
Parole e domande forti, quelle che si susseguono durante il film, rivolte dai detenuti ai giudici. La ricerca di risposte, la voglia anche di comprende un qualcosa che fino a quell’incontro risultava probabilmente ai più sconosciuto. «Come mai la saggezza della Costituzione fa tanta fatica ad essere attuata nella vita quotidiana?», chiede ad esempio un detenuto di Rebibbia. La risposta di Marta Cartabia è densa e carica di significato: «Il fatto che noi tutti percepiamo una distanza tra quelle parole così belle, così alte della Costituzione e la realtà concreta, non significa che quelle parole non siano vere. Sono ideali a cui continuamente aspiriamo. La realtà li contraddice, a volte duramente, ma ciò su cui bisogna lavorare è la realtà, non mettere in discussione gli ideali».
Una realtà, quella delle carceri, che ha profondamento inciso le vite dei giudici della Corte Costituzionale, così come ci hanno confermato i due presenti in sala. Quello che l’istituto penitenziario rappresenta per un detenuto è, come mostrato nella pellicola, molto di più di quello che noi tutti ci aspettiamo. Un di più che tramite questa produzione, guidata dalla regia di Fabio Cavalli, è stato messo finalmente in risalto, costituito da contatti, solidarietà e affetti che spesso sono la speranza alla quale i detenuti si aggrappano con tutte le loro forze.
«Io credo che il contatto con l’altro lato e con l’umanità di chi il crimine ha commesso», aggiunge alla fine della proiezione Viganò, «sia un momento fondamentale per capire che la realtà è complessa e che le persone, non necessariamente, ma possono cambiare. E capire anche la scelta di fondo che ha fatto la Costituzione, che è la scommessa sul cambiamento». Scommessa che si basa sull’umanità che le persone conservano, così come ci ricorda il giudice, «anche e nonostante il carattere terribile del reato che hanno commesso».
Marta Cartabia a conclusione dell’incontro definisce questa umanità come dolente e ferita, ma «in attesa. In attesa non tanto, o non solo, di uscire da quel luogo, ma proprio di una rinascita».
(G.C.)
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