LA COMPETITIVITÀ DEL PAESE VISTA DA QUATTRO GRANDI MANAGER AL VIA GLI INCONTRI CDO SUL TEMA “L’ONORE DI FARE IMPRESA”

Press Meeting

Ferrovie dello Stato, Intesa Sanpaolo, Finmeccanica, Vodafone. Come a dire la più grande azienda del Paese, il gruppo bancario leader, la realtà industriale probabilmente più innovativa e il primo gruppo di telecomunicazioni. Ma prima ancora dei gruppi e delle sigle, il confronto è tra persone: i manager Mauro Moretti, Corrado Passera, Pier Francesco Guarguaglini e Pietro Guindani, invitati ad aprire gli incontri 2007 della Compagnia delle Opere al Meeting. Obiettivo: prendere il polso alla “Competitività per il sistema Paese”, come richiesto dal titolo dell’incontro che si teneva alle 11.15 in Sala Neri della Fiera di Rimini.
Ma esiste una via italiana alla competitività? Questa la provocazione lanciata dal presidente nazionale CdO Raffaello Vignali ai relatori. Oppure le classifiche (“peraltro abbastanza opinabili”, ha tenuto a precisare) del World Economic Forum, che ci vedono al 42mo posto giusto dietro al Botswana, ci condannano al ruolo di fanalini di coda, di ultimi fra i primi e piccoli fra i grandi?
“Di competitività molto si parla, ma se ne vede poca in giro”, ha esordito Passera, vecchio amico del Meeting, di cui ha lodato il coraggio di saper porre grandi domande anche nel campo economico. “I fondamenti di una visione sistemica dell’economia e della società sono tre: la competitività, la coesione sociale e il dinamismo, cioè la voglia di fare”. In anni in cui pure si sono recuperate molte posizioni, e il sistema bancario ne è un esempio, non si devono perdere di vista gli investimenti in ricerca. “Negli ultimi anni abbiamo un gap di 500 miliardi di euro di minori investimenti rispetto ai più diretti concorrenti europei”, ha ricordato il CEO di Intesa Sanpaolo. “Accumuliamo ritardi, non sfruttiamo i nostri punti di forza come il turismo e il patrimonio artistico e ambientale, non diamo la possibilità di progredire a chi vuol tentare il salto di qualità”. Le aziende puntano a svecchiarsi, a innovare, a competere, a internazionalizzare, ma occorre velocizzare i tempi di realizzazione delle infrastrutture, altrimenti lo sforzo di chi innova viene penalizzato. “Non dimentichiamo che la società è qualcosa di più dell’economia”, ha concluso, “il bene comune esiste, ne siamo responsabili tutti, non solo i politici: tutti possiamo migliorare il sistema”.
Diagnosi e terapia sostanzialmente condivise dal presidente e amministratore delegato di Finmeccanica Guarguaglini, in più corroborate da una messe di dati. “Le piccole e medie imprese hanno indici di innovazione più alti rispetto alla media europea, ma si innova più in marketing che in tecnologie. Abbiamo meno laureati in materie scientifiche e ingegneria, con un’età media più alta, 27 anni contro i 21 del Regno Unito e una percentuale di popolazione con istruzione superiore inferiore al resto dell’UE: 12,2% rispetto al 22,8”. Molto penalizzanti anche i tempi della giustizia: la procedura di riscossione di un assegno a vuoto è quasi quattro volte e mezzo più lunga rispetto ai paesi più sviluppati. Altissimi anche i costi dell’energia e del lavoro: “La contribuzione delle aziende in percentuale sulla retribuzione lorda”, ha ricordato il relatore, “è del 33,1 per cento, a fronte del 20,6 della Germania e del 7,6 degli Stati Uniti”. Ricette? Anche in questo caso cominciare a premiare le eccellenze, colpire le rendite di posizione e, più che “fare sistema”, giudicato uno slogan senza validi contenuti, “progettare il sistema Italia con l’obiettivo della competitività”.
Sulla necessità di maggior legalità, ad esempio in tema di lavoro nero, ha insistito l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Moretti, invitando a non sottovalutare l’enorme peso del debito pubblico. “Se si è accumulato”, ha osservato, “è perché qualcuno non ha contribuito come doveva e qualcun altro ha speso male le risorse disponibili”. Analisi severa, ma poi le proposte non divergono significativamente dagli altri relatori: “Tagliare le rendite di posizione, rivedere il sistema dell’istruzione valorizzando chi fa veramente ricerca e frenando l’eccessiva dispersione delle sedi universitarie, indirizzare gli investimenti sull’educazione, sulle infrastrutture e sulla rete”.
“Dobbiamo convincerci tutti che qualificare le risorse umane è un investimento, non solo un costo”, ha ripreso il concetto Guindani. “Un salto di qualità sarebbe quello di smetterla di concepirci, noi aziende, come parti sociali, in una logica di conflitto. L’impresa è un veicolo sociale, che deve collaborare con gli altri soggetti”. Provocazione colta al balzo da Vignali: “Sembra un paradosso, ma per competere veramente occorre con-correre, correre insieme, imparare a collaborare. ‘L’onore di fare impresa’ – così abbiamo intitolato questo ciclo di incontri – consiste anche in questo: avere il coraggio di una comune tensione ideale tra chi fa impresa. Siamo grati agli amici che hanno parlato oggi perché con la loro esperienza ci testimoniano che è possibile”

E.A.
Rimini, 20 agosto 2007