LA CERTEZZA NELLA CONOSCENZA SCIENTIFICA

Press Meeting

È possibile raggiungere la certezza in campo scientifico? A quali condizioni? Qual è la rilevanza culturale di questo tema? Questi sono i quesiti che interrogano John Polkinghorne, Fellow della Royal Society e Fellow del Queen’s College di Cambridge, nell’incontro in salone B7 alle 11.15.
“Il tema della certezza chiama in causa la concezione che abbiamo della ragione”, afferma Marco Bersanelli, professore ordinario di Astrofisica all’Università di Milano. “C’è una sorta di dicotomia: da una parte la scienza viene promossa come paradigma della certezza, dall’altra il dubbio è considerato fattore essenziale per la ricerca scientifica. Ma allora di cosa possiamo essere certi?”
Attraverso un lungo excursus sulla storia del progresso scientifico, Polkinghorne si propone di rispondere al quesito con profondità teologica (è infatti teologo e pastore della Chiesa anglicana) e l’esperienza diretta di chi ha vissuto in prima persona la scienza. “Non ritengo che si possa parlare di risultati scientifici dotati di certezza assoluta. La scienza è un continuo stato di fluire intellettuale. Questa apertura ai cambiamenti ha portato gli scettici ad affermare che gli uomini di scienza sono guidati dal dubbio. Ma solo un delicato bilancio tra fiducia e domanda permette il progredire delle scoperte”. È necessario un “inevitabile atto di giudizio nel riconoscere le cose”. Per questo motivo il soggetto è drammaticamente in gioco.
Come afferma Einstein: “La conoscenza teorica profonda deve essere liberamente inventata”. Secondo Polkinghorne “occorre un salto di immaginazione per una scoperta scientifica profonda. Ogni teoria – continua il relatore – necessita di un punto di partenza, un nucleo di base, che può essere ‘tamponato’ grazie al contributo dei dati sperimentali”. Così anche se la teoria di Newton è stata modificata grazie alle scoperte di Einstein, non possiamo non riconoscere che il nucleo centrale rimane valido perlomeno per quanto riguarda i corpi di grandi dimensioni. Tutte le verità possono essere messe in discussione, ma nel formulare nuove teorie non è possibile tralasciare il bagaglio culturale già presente. In questo modo “anche se la scienza non può raggiungere una certezza positiva, certamente, a differenza di quanto ritiene la cultura popolare, può raggiungere una certezza negativa”.
“La bellezza matematica svolge un ruolo fondamentale. – continua il teologo – se una nuova teoria non sembra adeguarsi ai fatti, solo la bellezza delle equazioni può permettere l’esistenza di una speranza residua. È il senso di meraviglia che spinge il fisico a continuare l’indagine”. L’apertura all’inatteso risulta la spinta fondamentale per ogni ricerca. Un’apertura che ci permette di camminare verso altri aspetti della realtà, perché la ‘mappa’ della scienza non descrive tutto, ma offre un metodo per muoverci nel reale.
Non manca un velo di polemica nei confronti dei colleghi che ritengono un ostacolo la fede religiosa: “La fede non è un salto nel vuoto, ma nella luce”. “Se anche la conoscenza scientifica è rapporto vivo con la realtà – domanda Bersanelli – qual è l’atteggiamento umano e razionale per cui questo cammino è possibile?” “Cercare di partire dall’esperienza” risponde lo scienziato. Bersanelli coglie la palla al balzo: “Partire dall’esperienza è la modalità con cui un uomo certo si muove verso la verità, nella scienza e nel cammino umano di ciascuno”.

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