Ius soli, ius culturae, ius sanguinis. Quale cittadinanza?

Press Meeting

Rimini, 21 agosto 2017 – Per il ciclo “Un caffè con…” presso l’Arena “Nuove generazioni” A1, alle 12.30, si incontrano per un dialogo sul tema del discusso Ddl sullo “ius soli”, Gian Carlo Blangiardo, professore ordinario di demografia all’Università degli studi di Milano-Bicocca e Lorenza Violini, professore ordinario di diritto costituzionale all’Università degli studi di Milano. Modera l’incontro Giorgio Paolucci, giornalista e curatore della mostra da cui l’Arena prende il nome.
In apertura, un breve video illustra al numerosissimo pubblico, le attuali condizioni che permettono di ottenere la cittadinanza italiana. Paolucci precisa: «Ci interessa mettere in luce la complessità del problema e non dare eco alla sterilità del dibattito che spesso sentiamo». Con questo intento, il giornalista orchestra gli interventi e le repliche dei due relatori che descrivono, in alternanza, le ragioni del «No» e del «Sì» all’estensione del diritto di cittadinanza per “ius soli”. Sostiene Blangiardo: «La legge 91/1992 è una buona legge che ha permesso a una considerevole percentuale di residenti non cittadini di scegliere la cittadinanza italiana. È un provvedimento che custodisce in primis l’istituto della famiglia, decisamente importante per la nostra società. L’estensione della cittadinanza attraverso lo “ius soli” o lo “ius culturae” accentuerebbe solo il diritto del singolo». Violini esprime invece un altro punto di vista: «La cittadinanza non è appena un pezzo di carta; l’estensione dello “ius soli” sarebbe un segnale di maggiore apertura per la “società dell’appartenenza” ». Per la giurista è decisivo il rapporto tra i pari, oltre a quello con la famiglia, perciò sottolinea come sia il rapporto che si determina tra i banchi di scuola a creare la vera integrazione. «La realtà di oggi è profondamente cambiata rispetto a quella del 1992 e ha bisogno di una legge più adeguata».
Le due chiare e distinte posizioni suscitano delle domande dal pubblico, che vivacizzano il dialogo con esempi e richiami all’attualità. Come può un giovane, nato e cresciuto in Italia, accedere a quelle carriere tipicamente riservate ai cittadini italiani? Che cosa deve maturare l’aspirante italiano nell’arco di tempo che deve aspettare? Come si può definire dal punto di vista culturale la cittadinanza? Quando si perde la cittadinanza?
Nel rispondere Blangiardo mette in luce che a mancare è la comunicazione dei media: «C’è un’informazione parziale e viziata. Nessuno dice che, dall’epoca del governo Letta, esiste l’obbligo per i comuni di informare circa le modalità per chiedere la cittadinanza». Anche per Violini il problema è culturale: «L’interpretazione dell’art. 3 della Costituzione non si limita alla definizione letterale di cittadinanza, ma comprende chiunque sia in rapporto all’interno di una “demos” e non di un’etnia».
(G.L.)

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