INVITO ALLA LETTURA DELLE ORE 15

Press Meeting

Accade anche questo al Meeting della certezza, che un appuntamento quotidiano diventi il racconto “incrociato” di un’autentica amicizia, quella tra monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino- Montefeltro e don Francesco Ventorino (don Ciccio per il popolo del Meeting e non solo), docente emerito di Ontologia ed etica allo Studio teologico San Paolo di Catania.
Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano, ha introdotto, nel salotto Eni Caffè letterario, dapprima l’ultima fatica di Negri Fede e cultura. Scritti scelti (ed. Jaca Book), cui hanno partecipato Livio Melina, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e Stefano Zamagni, docente di Economia politica e presidente dell’Agenzia per il Terzo settore.
Secondo Melina la presentazione del volume si situa in un ambiente particolarmente adatto, sia a livello di contenuto che di metodo, visto che “non è un libro ex libris, ma nasce dalla passione vibrante dell’autore per certi temi e dall’incontro di monsignor Negri con altri uomini. Un libro che ci apre l’orizzonte verso l’avventura affascinante del mistero della vita”. Melina ha poi continuato descrivendo le tre idee centrali del libro: una nuova apologetica, vista dall’autore come l’urgenza di ripresentare il cristianesimo come risposta alle esigenze umane; il confronto serrato con la modernità, centrandolo sulla questione antropologica, che per l’autore stesso è domanda ineludibile sul senso religioso, e infine l’idea di una nuova cultura, nella quale riveste un’importanza fondamentale la tensione educativa. Cultura ed educazione, peraltro, sono altrettante “vie di rigenerazione dell’umano”, così come Negri ha potuto sperimentare nell’incontro con due grandi uomini: don Luigi Giussani e Giovanni Paolo II. “Questi scritti scelti – ha concluso il preside dell’Istituto Giovanni Paolo II – accompagnano il lettore, attraverso una forma pedagogica, ad un metodo di introduzione alla fede”.
Zamagni (che festeggia con l’autore un’amicizia da “nozze d’oro”) ha definito il libro di Negri “un’opera importantissima, perché tocca argomenti messi in disparte da certa cultura. Un testo poi molto intrigante perché costringe a rivedere certe posizioni”. “Negri in questo libro – ha proseguito – ripropone il pensiero pensante in alternativa a quello calcolante e al relativismo odierno attraverso la nozione di cultura propria di Eliot (la cultura come un albero che non si può “costruire”, ma si deve piantare, innaffiare e aspettare che cresca). Altro tema interessante individuato da Zamagni, utile ad affrontare anche argomenti di politica economica, è la centralità della persona, soprattutto nella parte del libro dedicata alla Dottrina sociale della Chiesa, in aperta polemica con il pensiero di Hobbes, autore secondo il quale nella realtà è vincente “un’ideologia negativista basata sull’homo homini lupus”. “L’auspicio – ha concluso Zamagni – è che don Negri continui a scrivere, perché, come affermava Rosmini, la forma più alta della carità è quella intellettuale”.
“Ho avuto la sensazione – ha affermato in apertura del suo breve intervento Negri – che si stesse parlando di qualcun altro e non di me, mentre ascoltavo gli interventi precedenti”. “Credo che la questione fondamentale della Chiesa – ha affermato – sia guardare al popolo di Dio che nasce dall’attesa e vivere cercando di aiutare il popolo a crescere”.
Fornasieri ha successivamente introdotto la presentazione del libro di Francesco Ventorino, Ministero della bellezza. Il sacerdozio cattolico (ed. Marietti 1820), frutto della predicazione degli esercizi spirituali nella diocesi di Acireale. In questa seconda presentazione il vescovo di San Marino ha indossato gli abiti del relatore.
“Ci troviamo di fronte ad un libro chiaro, organico e completo – ha esordito Negri – che taluni, in maniera superficiale definirebbero di grande spiritualità”. Citando sant’Ambrogio, Negri ha posto la domanda: “Dove sorprenderemo lo Spirito di Dio? Nella vita di un presbitero presente”. “Occorre che il prete sia un uomo che avverte la presenza di Dio – ha continuato – altrimenti non c’è prete”. Descrivendo poi la figura del presbitero come strumento che Dio sceglie per l’educazione del popolo, il vescovo ha sottolineato che “questo libro spazza via ogni dubbio di natura psicologica e sociologica, perché descrive il prete come colui che rappresenta (cioè rende presente) Cristo nella comunità dei credenti”. E quindi “solo il prete che fa nascere il popolo di Dio può affermare di svolgere un ministero di bellezza”. Il vescovo poi, in maniera affatto sentimentale, si è abbandonato ad alcuni ricordi personali, ricordando che l’amicizia con don Ciccio risale all’inizio degli anni Sessanta, precisamente a una vacanza di studenti al passo di Costalunga in Trentino. “Mentre leggevo il libro di don Ciccio – ha concluso – ho rivisto pezzi della mia storia, la storia di una promessa che si è verificata per entrambi”.
“San Tommaso – ha concluso don Ciccio – afferma che l’amicizia stabilisce una sorta di connaturalità tra le persone e che la connaturalità nasce dalla compiacenza nelle stesse cose e questo è quanto è avvenuto in me mentre ascoltavo don Negri”. “Solo lo stesso padre che è Dio – ha proseguito – può generare questa connaturalità, quel Dio che si è reso presente a noi attraverso la carne di un padre quale è stato per noi don Luigi Giussani, della cui amicizia sono grato a Dio perché è stata capace di salvare il mio ministero sacerdotale”.

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