Intelligenza artificiale in medicina

Redazione Web

Rimini, 22 agosto 2021 – È un incontro che dialoga tra passato e presente “Intelligenza artificiale in medicina”. L’introduzione di Pasquale Chiarelli, direttore generale Azienda Ospedaliera di Terni, infatti, parte da quanto racconto ieri da Paolo Benanti, docente di Teologia Morale e Bioetica all’Università Gregoriana, circa gli attuali utilizzi dell’intelligenza artificiale (IA) in ambito medico-diagnostico, per poi rifarsi alle considerazioni fatte da Daniele Magazzeni e Costantino Esposito al Meeting 2019.

Un invito alla concretezza subito raccolto dal primo relatore, Jonathan Montomoli, medico anestesista-rianimatore, Ospedale Infermi di Rimini. Quest’ultimo osserva come la sanità digitale coinvolga molteplici attori nel percorso terapeutico: «Il paziente, che dispone dei dati; gli ospedali e il personale, che mettono in campo competenze e infrastrutture; i gestori dei servizi con cui vengono gestiti i dati e le cartelle cliniche digitali». Tutto ciò merita particolare attenzione quando si consideri il contributo delle soluzioni di IA ai processi esistenti. I sistemi tecnologici per funzionare infatti richiedono dati di altissima qualità e quello che manca in questo momento non sono soltanto le informazioni ma anche le connessioni tra le diverse entità coinvolte nel processo. «L’IA», spiega Montomoli «promette grandi successi in ambito predittivo, come si è visto nel contrasto ad un’infezione nuova e sconosciuta come il Covid-19. Ma dimostra di avere un grande potenziale anche nel campo della simulazione, aiutando i professionisti a perfezionare le proprie competenze nel tempo. Questo è quanto si vede nell’utilizzo dei CDSS (Clinical Decisions Support Systems), sistemi che, grazie alla creazione di grandi database internazionali altamente standardizzati, sono in grado di aiutare ad arrivare prima e meglio alla diagnosi corretta». Gli ostacoli però non mancano. «Oggi ci scontriamo con una povera qualità dei dati disponibili, con molti limiti legali alla raccolta massiva di informazioni (soprattutto in ambito medico) e con una cultura medica spesso ancora molto resistenti a queste rivoluzioni». La preferenza per gli strumenti più performanti, tuttavia, pone non poche questioni sul piano etico e morale. «Il confronto etico, medico e tecnologico spesso è invocata solo a parole. L’avvento dell’’IA, invece, proprio perché strumento estraneo al mondo medico, obbliga ad aprirsi a tante altre competenze, senza le quali non siamo in grado di utilizzare questo strumento: rappresenta la chiave per aprire in modo pragmatico la porta della multidisciplinarietà».

Giancarlo Bizzarri, amministratore unico Umbria Salute e Servizi, tenta quindi di mettere a sistema queste considerazioni, analizzando il problema nell’ottica della riorganizzazione delle organizzazioni e dei processi all’interno del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). E a tornare centrale è il tema della qualità delle informazioni. «I cittadini» osserva Bizzari, «possono partecipare al SSN non solo con i soldi delle loro tasse, ma anche con le informazioni sulla loro salute. Quel che accade oggi però è assai diverso, poiché spesso sono le big tech a disporre di questi dati sottraendoli alla disponibilità del SSN». Le progettualità regionali e il PNRR oggi contribuiscono a mette al centro della discussione attuale e la necessità di ricollocare le risorse in modo strategico. L’IA qui viene visto come strumento abilitante per il cittadino, su tutto il territorio nazionale. La sfida è quella di sfruttare al meglio le capacità predittive di questi strumenti, così da migliorare i percorsi di prevenzione, presa in cura, e terapia, ricalcolando i consumi di riserva in funzione di bisogni attentamente monitorati. Mancare questa occasione vuol dire ritrovarsi tra le mani un’organizzazione vecchia, sì dotata di nuove tecnologie ma talmente costosa da mancare i benefici abilitanti cui è chiamata. L’obiettivo è di consentire ai professionisti di avere al fianco l’AI; affiancati, non sostituiti da questi strumenti. «Questo deve servire per il futuro: trasferire la visione dell’assistenza e come vogliamo riprogettare la macchina amministrativa ed esprimere anche con risorse limitate il massimo servizio al paziente anche con l’uso della tecnologia».

Stefano Forti, director Digital Health & Wellbeing, FBK and board member of TrentinoSalute4.0, porta la prospettiva degli operatori private chiamati a collaborare con il SSN. «Bisogna partire dal SSN. Qui si registrano forti carenze di risorse di fronte ad una domanda di salute in continuo aumento. L’alternativa è quella di cedere il passo ai servizi privati oggi offerti dalle big tech e dalle tech farms verso la progressiva disintermediazione delle prestazioni sanitaria. L’ottica vincente, invece, è quella della collaborazione. I dati», osserva poi, «sono il carburante per far funzionare questi sistemi ed è assolutamente necessario che i cittadini possano mantenere un controllo su quei dati; cosa che oggi non avviene». È per questo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità nelle sue Linee guida etiche per l’utilizzo dell’IA in medicina mette al primo posto l’autonomia e l’autodeterminazione del paziente; e questo nel momento in cui la persona si interfaccia con l’IA, con piena libertà di scelta in ingresso, in corso d’utilizzo e in uscita. Gli assistenti virtuali così potrebbero diventare per il medico un nuovo collega: un sistema automatico che sottrare il professionista dagli automatismi del suo lavoro. Pensando soprattutto allo spazio ora guadagnato dall’AI nella diagnostica per immagini Forti osserva: «Non verranno sostituiti i radiologi, ma i radiologi che non la vorranno utilizzare».

(E.S.)

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