In Oculis Facta

Redazione Web

In Oculis Facta

Rimini, 20 agosto 2022 – È sempre un appuntamento imperdibile la mostra scientifica pro-posta dal Meeting di Rimini, che quest’anno si intitola “In Oculis Facta”. Nicola Sabatini, di Associazione Euresis, ha moderato l’incontro di presentazione, che ha visto l’intervento di Vittorio Cannatà, responsabile dell’Unità di Fisica Medica, IRCCS Ospedale Pediatrico Bambi-no Gesù di Roma, e Stefano Facchini, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano.
Sabatini ha spiegato il titolo della mostra a partire da Agostino: “In manibus nostris sunt co-dices, in oculis nostris facta”. L’esperienza umana e quella della fede sono strettamente le-gate all’osservazione dei fatti. Ed è notevole constatare che «l’osservazione è propria dell’uomo, non della macchina. Nell’esperienza umana, scientifica e non, viene prima il dato, che chiede di essere guardato e osservato. Ciò significa lasciarsi sorprendere dal reale, la mossa umana all’origine dello sviluppo di ogni conoscenza».
Da sempre nella storia dell’uomo l’osservazione della realtà a scopo scientifico ha portato alla creazione di immagini, creando un percorso storico ininterrotto che va dai segni sulle pietre alle attuali simulazioni al computer. Suggestivamente Teilhard de Chardin diceva che la storia della scienza è lo sviluppo di occhi sempre più perfetti.
Il racconto delle esperienze di Cannatà e Facchini ha dato conto di questi percorsi, secondo due prospettive molto diverse tra loro, l’immensamente grande dell’Astrofisica e l’applicazione pratica della radiologia nella Fisica Medica.
Cannatà ha raccontato l’affascinante vicenda di Wilhelm Roentgen, lo scopritore-inventore dei Raggi X, a partire dalla celebre foto – presente nella mostra – dello scheletro della mano della moglie, prima immagine ai Raggi X della storia, scattata nel 1895. Da allora, e con un’evoluzione rutilante della tecnologia, dopo 120 anni i Raggi X hanno fatto la storia della medicina, consentendo di osservare ciò che l’occhio umano non può vedere ed avendo ap-plicazioni sconfinate con 100 milioni di immagini scattate ogni anno solo in Italia, con ricadu-te decisive per la salute di molti. Tecnica che l’uomo ha imparato a conoscere anche nei suoi aspetti critici (è noto come Takashi Nagai – ben conosciuto dagli amici del Meeting – morì a causa dei Raggi X allora non gestiti con protezione) ed oggi può essere considerata più che sicura, con un’evoluzione ulteriore che ha portato allo sviluppo delle TAC.
Facchini nella sua attività di ricerca è impegnato nello studio degli Esopianeti, i numerosi pianeti presenti nei sistemi solari diversi dal nostro, di cui si è già parlato nelle scorse edizio-ni del Meeting. Ha descritto le molte immagini presenti nella mostra riguardanti queste ri-cerche, esempio di come l’osservazione delle immagini costituisca il cuore dell’attività scien-tifica. Ed ha sottolineato come l’attività del ricercatore, anche di fronte a dati sempre più ac-curati, non perda la vertigine della propria libertà all’opera: «L’immagine sa catturare passi-vamente ciò che la realtà è, ma non esime dal coinvolgimento totale dello scienziato. Ciò è necessario sia nella scelta di come osservare un fenomeno fisico, che nel fatto che la scoper-ta nell’immagine è nascosta e richiede una sensibilità nel selezionare qual è la migliore rappresentazione di un dato oggettivo tra le mille immagini disponibili, scelta che non deve ca-dere nel forzare i dati per dimostrare ciò che si pensa di aver trovato». Resta sempre, quindi, un livello ultimo di moralità necessario per riuscire a fare un passo indietro, affinchè la realtà parli per ciò che è.
Il lavoro sulle immagini, ha spiegato poi Facchini, ha sempre aspetti suggestivi: «L’interazione tra la realtà ed io che la guardo, la analizzo, la interpreto è l’aspetto più entusiasmante della ricerca scientifica». Come esempio ha portato la sensazionale foto del buco nero al centro della nostra galassia: seppure la sua esistenza fosse già confermata dall’evidenza scientifica, vederne un immagine ha portato una capacità evocativa che ha l’effetto di «trascinamento affettivo che coinvolge lo scienziato in tutta la sua umanità».
Per concludere con il celebre fisico americano Richard Feynman: la conoscenza scientifica è una grande avventura, un mistero che spinge ad andare sempre più in profondità. E le im-magini ne sono una spinta infinita.
(G.F.)

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