Impegno e responsabilità: la “carità politica”

Press Meeting

“Dire ‘tu sei un bene per me’ sembra diventato impossibile per la politica. Oggi vogliamo invece mostrare che tale prospettiva può diventare la lente per guardare la politica, affinché essa possa rinascere in uno struggimento per il bene comune. Perché ciò avvenga, però, è necessario partire da qualcosa che viene prima: l’idea di politica come forma più alta della carità, sostenuta da Papa Paolo VI e ripresa da papa Francesco”. Così Costantino Esposito, Docente di Storia della filosofia all’Università di Bari, ha introdotto una tavola rotonda in cui sono stati chiamati a confronto quattro autorevoli osservatori della nostra società.

Mauro Magatti, Docente di Sociologia generale all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha illustrato come possa realizzarsi quella conciliazione tra politica e libertà personale fondamentale per affermare tale idea. “Bisogna continuamente mettere in discussione il concetto di libertà, che può portare all’uomo gioia, ma anche distruzione, come dimostra la storia del Novecento. In particolare dopo il 1989 si è chiuso un ciclo storico in cui la politica era considerata luogo della liberazione umana: da allora essa è stata definita dai cambiamenti tecno-economici. Dobbiamo, dunque, ripensare la politica affinché non torni in campo in una forma regressiva, in uno schema amico-nemico. Bisogna, invece, muovere dal titolo del Meeting come ispiratore di una cittadinanza intesa non come diritto, ma come dovere: non dobbiamo pretendere che un altro ci dica ‘tu sei un bene per me’, ma essere noi a dirlo”.

Di fronte alla sempre più diffusa tendenza alla ‘biopolitica’, controllo politico del corpo e degli ideali umani, Esposito ha invitato Luigi Manconi, Presidente della commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti umani del Senato, a indicare un percorso in cui l’azione politica possa muovere dalle persone. Emblematiche, per il relatore, sono le parole con cui Paola Regeni ha descritto il corpo del figlio Giulio, ucciso in Egitto: ‘Il volto di mio figlio era diventato piccolo piccolo, e nel suo volto ho visto tutto il male del mondo’. “Considero queste parole la risposta alla nostra domanda, perché mostrano come gli scenari geopolitici internazionali possano essere guardati da diversi punti di vista. Ci chiediamo, allora, se il fatto che l’Egitto giochi un ruolo strategico nella lotta al califfato debba imporre questo stato dispotico come alleato dell’Italia. Conta di più usare qualunque mezzo contro il nemico o tutelare i diritti umani?”, ha chiesto Manconi. “Di fronte all’orrore della tortura – che non è solo violenza fisica, ma annichilimento della personalità dell’altro – possiamo accettare che nell’ordinamento italiano esso non sia ancora punito? La madre di Giulio”, ha concluso, “ha definito suo figlio ‘un giovane contemporaneo’, come ce ne sono tantissimi qui al Meeting, ragazzi che hanno fatto della libertà non un piacere privato, ma una formidabile domanda di conoscenza. Noi tutti dobbiamo tenere questo interrogativo a fondamentale ragione della politica”.

Esposito ha riconosciuto tale esigenza nell’invito di Papa Francesco a “non guardare la vita dal balcone”, ma ha rilevato come, negli ultimi anni, la visione cristiana della società sia sempre più spesso liquidata come posizione ideologica. Francesco Gagliardi, Direttore di Eptaforum, ha analizzato le cause di questo fenomeno, proponendo una soluzione: “Probabilmente c’è stata scarsa attenzione alla formazione di una morale sociale, saldatasi con il particolare momento storico illustrato da Magatti e, soprattutto, ad un’incapacità di rispondere ai bisogni reali delle persone, di fare, cioè, il bene comune. Anche i cattolici”, ha constatato, “pensano che siamo ormai in una democrazia formale, in cui né il popolo né i suoi rappresentanti hanno voce contro l’esclusiva difesa degli interessi dei più forti. Per non stare alla finestra, allora, dobbiamo incidere sui processi politici. La visione cristiana può essere un fertilizzante per la politica, incidendo su tendenze come l’accentramento dei poteri e l’impoverimento delle famiglie”.

Eugenio Mazzarella, Docente di Filosofia teoretica all’Università di Napoli, ha riflettuto su cosa comporti questa assunzione di responsabilità in politica: “A legittimare in democrazia è il consenso, con cui si è incaricati di rappresentare: la buona o cattiva politica dipende dalla gestione di esso. Oggi il consenso viene sempre più spesso concepito come una ‘conquista’ da guadagnarsi per ottenere il potere, e si dimentica il rapporto con chi lo dà. Invece – ha ricordato il filosofo – il latino ‘consensus’ viene dal verbo ‘con-sentire’, che indica il sentire le stesse cose, con lo stesso amore. Questo rapporto il politico dovrebbe mantenere vivo, e con questa empatia potrebbe prendere con onore anche decisioni impopolari”.

Esposito ha voluto, infine, sollecitare i relatori a una riflessione personale sulla politica come carità, “che è innanzitutto riconoscere un bene comune a tutti e ricevuto prima che costruito, il riconoscere l’altro come bene irriducibile per sé”. “Per me”, ha affermato Gagliardi, “è primario ribaltare la politica che accumula denaro. Non possiamo accettare che gli alti salari di top manager determinino licenziamenti di operai, che le speculazioni finanziarie arricchiscano le banche. La politica come carità deve risuonare anzitutto come giustizia sociale”. “Anche io concordo pienamente con l’identificazione tra politica e carità postulata da Paolo VI”, ha sostenuto Manconi, “e lo faccio intendendo la carità come virtù teologale cristiana, cioè come ‘tu sei un bene per me’, reciprocità, non elargizione ma scambio. Del resto, se io, ‘poco-credente’, ho imparato qualcosa dalla cultura cattolica – anche discutendo sui temi del fine vita – è che c’è una dignità della persona irriducibile, che va oltre la prospettiva economicista come sanitaria, e ognuno può arricchirmi, anche nella sofferenza”. Magatti da parte sua ha esortato a ripensare il fine della politica, smarrito nell’attuale mondo occidentale tecnocratico e populista: “Esso può essere ritrovato proprio nella carità, intesa, con Levinas, come interrogazione che ci viene dal volto di altri, che pure non potremo mai soddisfare completamente. Solo se ricolleghiamo la politica a questo fondo che ci supera potremo ricostruire una cittadinanza che rimetta in moto un processo storico democratico”. Come sottolineato, infatti, da Mazzarella “il papa, nel messaggio in occasione dell’apertura del Meeting, ha ricordato che ci vuole coraggio a dire a un altro ‘tu sei un bene per me’, specialmente in un momento storico segnato dalla paura. Ma questa non solo non risponde a ciò che ha fatto la grandezza dell’Europa, ma non è soluzione efficace, come non lo è nuotare contro il vento. Solo la carità può salvarci da ciò: non a caso il corrispondente termine latino, ‘caritas’, era etimologicamente legato a ‘carus’, aggettivo che indicava ciò che è costoso, e di qui ciò che è caro affettivamente. La questione”, ha concluso, “è allora capire che dobbiamo pagare un prezzo non solo per coloro che ci sono cari. La carità in politica non è un gesto di benevolenza, ma il lavoro di cui abbiamo bisogno, lavoro dell’intelligenza e del cuore”.

Scarica