Il valore sociale dell’imprenditore

Press Meeting

Prende spunto dal libro “Imprenditore: risorsa o problema? Impresa e bene comune”, nelle librerie da domani, il dibattito, che il coordinatore definisce “denso”, sul valore dell’imprenditore nella società di oggi. Hanno partecipato Francesco Bernardi, presidente di Illumia, Francesco Confuorti, presidente e amministratore delegato di Advantage Financial, Nardo Filippetti, presidente Eden Viaggi, Pietro Modiano, presidente di Sea e Roberto Snaidero, presidente FederlegnoArredo. Ha introdotto gli interventi Ugo Bertone, giornalista economico.
Bertone presenta in due parole il volume: un’intervista collettiva a vari imprenditori, curata da Giorgio Vittadini, in un momento in cui spesso la figura dell’imprenditore è sotto accusa. Tra gli intervistati emerge un desiderio di reazione alle difficoltà dell’impresa. “La domanda è: l’imprenditore ha lasciato il popolo o il popolo ha lasciato l’impresa?” La crisi attuale non è solo economica, ma anche di relazioni umane e sociali. Accanto alle difficoltà della crisi, che colpiscono soprattutto le grandi aziende, si notano però fenomeni di vitalità e di ripresa.
Il primo a reagire è Bernardi, definito da Bertone: “una persona che ha fatto decollare un’impresa”. “Se vi faccio due nomi, Lanificio Carotti e Pasta Palazzoni, credo che non vi dicano nulla, eppure dopo la guerra erano realtà molto apprezzate e i rispettivi proprietari erano indicati come esempi positivi”. Il loro essere imprenditori, pur con il loro benessere e i relativi simboli (vestiti, auto…), non era guardato con invidia, anzi erano considerati esempi di impegno fattivo con la realtà. A quel tempo la nascita delle pmi poggiava su una cultura di base per la quale l’essere imprenditori era un fatto positivo che portava successo. “Gli elementi dominanti di questa cultura di base erano due: la certezza che la realtà non delude e la familiarità con la bellezza, patrimonio della nostra nazione”. Bernardi racconta di aver accompagnato a New York un piccolo imprenditore del legno che negli Usa ha avuto un grande successo proprio per la bellezza dei suoi prodotti e delle lavorazioni. “Ora non è più così: uno per avere successo deve aver rubato, sfruttato gli operai, evaso il fisco e inquinato l’ambiente. Ecco perché l’imprenditore non è più apprezzato per ciò che vale”.
Per Filippetti l’imprenditore è un uomo “con le antenne in testa”, per captare la situazione positiva. “Mi vengono i brividi se guardo al modo con cui oggi siamo considerati. Per questo ho accettato l’intervista, per raccontare la mia esperienza e mostrare una strada anche a miei eventuali concorrenti. Giacca e cravatta sono la mia tuta, il mio compito è anticipare quello che poi le persone mi richiederanno”. Filippetti distingue tra imprenditore e manager: il primo si butta oltre la siepe, l’altro gestisce l’esistente. “Abbiamo difficoltà immani: questa mattina ho incontrato un’amica in lacrime che deve emigrare per l’eccessiva tassazione. Il nostro dramma è conservare i posti di lavoro per i nostri collaboratori, è questa la nostra etica. Continuo a lavorare e a resistere proprio per la spinta che mi danno i miei collaboratori”.
“Vengo da Matera – esordisce Confuorti – sono un banchiere d’investimento negli Stati Uniti, in Italia e in Lussemburgo. Conosco i segreti della sopravvivenza e vivo ancora nel vicinato che dà il senso della comunità: famiglia, amici, ambiente e cultura, una cultura millenaria”. Il proposito del presidente di Advantage Financial è cercare nella persona non l’appiattimento, ma l’individualità e trasformare questa in arma vincente: “Considero mia responsabilità accettare chi ha idee e carattere diversi dal mio in maniera propositiva. Un’altra urgenza per la nostra nazione è la crescita interna. La Germania si è sviluppata dopo la riunificazione, così da noi occorre unire il Nord e il Sud”. Confuorti cita poi il caso della Francia, che ha nel nostro paese ha fatto shopping di imprese di qualità. “Quando ci sono investimenti esteri in Italia – è la conclusione – bisogna preoccuparsi che la ricerca, l’innovazione e l’occupazione rimangano nel nostro paese. Purtroppo il nostro sistema legale in questo non ci tutela. Viva l’Italia e speriamo di creare più posti di lavoro”.
Pietro Modiano racconta come è nata la sua vocazione imprenditoriale. All’inizio lavorava nel Credito Italiano occupandosi di pmi, poi è passato nella Banca del Territorio (una branca dell’attuale Banca Intesa) e ora come presidente di Sea si occupa di aeroporti. “In Italia ci sono ogni giorno convegni sulle pmi da cui emergono sempre due posizioni opposte: sono alternativamente un disastro per l’Italia oppure quelle che tengono in piedi il Paese”. Il presidente di Sea parteggia per la seconda posizione, perché le esportazioni per la massima parte provengono ancora da piccole e medie imprese (ben 470mila nel paese). Il tutto senza però indulgere ad esaltazioni acritiche: “Le piccole imprese non hanno saputo trasformare la loro forza molecolare in forza collettiva”. Modiano pone poi diverse domande su come le pmi riescano a prosperare o, meglio, a sopravvivere nonostante la crisi, le tasse e la burocrazia, sollevando anche la questione del Sud, che ha avuto un pil negativo del 4%: “un altro Paese rispetto al Nord”.
Un filmato sulla storia del legno e le sue applicazioni apre l’intervento di Snaidero. “A scuola si studiano le età della pietra, del bronzo e del ferro, ma non si studia mai l’età del legno, che non è mai finita e guarda al futuro”. Una canzoncina, ricorda il presidente Federlegno, diceva che per fare un tavolo ci vuole un fiore, “invece per fare un tavolo ci vuole un uomo”. Infatti, continua a raccontare, “mio padre era falegname e conosceva tutti i suoi collaboratori: ogni mattina alle sette andava in fabbrica e li salutava uno a uno”. FederlegnoArredo fattura 11 miliardi nel mondo e il Salone del mobile di Milano è il primo del pianeta, quello dove arrivano “i visitatori-copiatori” che fotografano e producono a prezzi inferiori del 20 per cento”. Per Snaidero il legno ha un’anima, quella dell’imprenditore che sa interpretare le creazioni dei designer, trasformandole in oggetti”. Conclusione: “Imprenditore è chi sa anticipare i tempi perché crede nel Paese”.
Per un rapido giro finale Bertone chiede a ciascun relatore due pillole, come suggerimenti per un cambiamento in positivo. Bernardi chiede defiscalizzazione coraggiosa e apertura della scuola all’impresa, soprattutto con frequenti stage. Filippetti invoca più formazione al senso dell’ospitalità per una crescita turistica e l’eliminazione della burocrazia invadente. La ricetta di Confuorti è “permettere ai ragazzi di imparare a fare impresa e saper valorizzare le differenze”. Per Modiano si tratta invece di far ripartire in fretta la domanda interna e di occuparsi del Sud che si sta sgretolando. Anche Snaidero infine torna sulla formazione, aggiungendo una proposta specifica come la concessione dell’Iva agevolata alle giovani coppie che arredano la propria casa. Dialogo ricco e proposte concrete, insomma. Per Bertone si può senza dubbio togliere il punto interrogativo dal titolo del libro: l’imprenditore non è un problema, ma una risorsa.
(A.B.)

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