IL POEMA DANTESCO: LA FELICITÀ OLTRE LA STORIA

Press Meeting

Il Meeting è tornato ad ospitare una conversazione-lettura in merito al poema dantesco con Anna Maria Chiavacci Leonardi, Docente Ordinario di Filologia Critica Dantesca presso l’Università di Siena, e con letture dell’attore Andrea Carabelli.
“Dante – ha precisato nella sua introduzione Camillo Fornasieri – è l’uomo che in modo straordinario ha sempre dato la risposta al tema del Meeting, che ha voluto parlare a sé e agli altri dell’eterno. Ne dà testimonianza l’attenzione in questi tempi alle sue parole e al contenuto della sua esperienza”.
Parlare del problema della felicità, ha sottolineato Anna Maria Chiavacci Leonardi, vuol dire andare al problema stesso della vita dell’uomo. La stessa essenza dell’uomo può dirsi riposta nel desiderio. Nel “Convivio” Dante osserva che fin da bambini si cercano piccoli beni, mentre il desiderio dell’adulto è Dio stesso. Nell’ambito biblico l’uomo fu posto nell’Eden e lo perse per sua scelta, Anche nelle cultura classiche la felicità assume le sembianze di un luogo e di un’età dell’oro. Il Nuovo Testamento portò ad un cambiamento totale: la felicità non era più situata nell’Eden, ma nel soprannaturale divino. La felicità pose la sua presenza “oltre la storia”’, dopo la morte, nella visione diretta e nell’unione con Dio, Questa grande storia è quella descritta nella “Divina Commedia”. Già nel primo Canto Dante presenta in forma allegorica questa forma di ritorno alla “patria” celeste, movendo dall’oscurità verso il colle illuminato da Dio. Altro tema della “Commedia” è quello del pellegrinaggio, del cammino per tornare in un luogo sacro (negli anni in cui scriveva si celebrava il primo Giubileo verso Roma, immagine del Paradiso). Un cammino segnato dalle beatitudini evangeliche, come quella dei pacifici di cui è simbolo il martire Stefano che Dante presenta con rara forza di poesia. È la conformità a Cristo, vuol dire Dante, la vera felicità, ciò che è dato all’uomo per l’eternità. Nel “Paradiso” la pienezza della felicità raggiunta viene identificata in forma sensibile nelle luci in cui sono racchiusi i beati e nelle dolcissime musiche polifoniche. Decisivo per definire la felicità in Paradiso è la risposta (Canto III) data da Piccarda alla domanda di Dante (‘Desiderate voi più alto loco?’), con parole che segnano praticamente tutta la Cantica: “La nostra volontà quieta virtù di carità…e altro non c’asseta / e nella sua volontade è nostra pace”.

M.T.
Rimini, 25 agosto 2003