Arte contemporanea di nuovo protagonista al Meeting grazie a Casa Testori. Una scelta, ha sottolineato, il curatore Giuseppe Frangi, che questa volta non è limitata alla sua narrazione, ma comprende opere esposte di grandi maestri del Novecento. «Una grande realizzazione, che solo il Meeting ha potuto rendere possibile, con un pizzico di follia, portando a Rimini una molteplicità di attraversamenti artistici. Per individuare negli artisti quello che è un profondo amore per ciò che l’arte è stata, perché il passato torni a rivivere nel presente. Anche reinterpretando. In queste prime due giornate di apertura della mostra abbiamo visto, ad esempio, un grande interesse del pubblico per le “cancellature”, sulle pagine dei “Promessi Sposi”, di Emilio Igrò. Una cancellazione che pare rendere ancora più chiara la parola manzoniana. Non si deve quindi considerare una retrospettiva, ma una proiezione in avanti su quello che sarà, superando ciò che è stato il fare artistico».
Miro Fiori, presidente del Credito Valtellinese, ha ricordato la straordinaria occasione che vede il Meeting ospitare, all’interno della mostra, quella che fu l’ultima opera realizzata da Andy Wahrol: la sua rivisitazione dell’Ultima Cena leonardesca. «Era stato per 15 anni il suo sogno, poterne dare la propria versione, e colse l’occasione della sua mostra milanese al recuperato Palazzo delle Stelline (1987), non lontano dal Cenacolo, per realizzarla. Wahrol, che era molto malato, mori dopo solo quattro settimane. Ci aveva già comunicato che avrebbe donato l’opera alla città di Milano».
Altrettanto toccante la testimonianza portata al Meeting da un artista di fama internazionale come Adrian Paci. L’artista albanese ha descritto le tappe della commissione ricevuta dalla chiesa milanese di S. Bartolomeo, per la realizzazione di una Via Crucis in fotografia. Dalla perplessità iniziale relativa al mezzo, Paci è poi passato al lavoro effettuato nel cortile del suo studio, che ha coinvolto dentro l’immagine, in una dimensione domestica e intima, «i corpi di suoi amici e amiche», anche per la raffigurazione di Gesù e della Madonna, mentre un garage vuoto è divento il sepolcro di Cristo. «Una lettura scarna, essenziale, per rinnovare la narrazione di un fatto tangibile raccontato dall’arte da 2000 anni».
Infine Cristiana Collu, direttrice della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, ora museo che registra ottime affluenze di pubblico, racconta: «Ci dicono che noi italiani siamo degli improvvisatori, ma il canovaccio è la memoria, anzi, come recentemente sottolineato da Achille Bonito Oliva “dimenticare a memoria”. Prima di tutto c’è responsabilità su cosa si deve trasmettere, in una dimensione non conservativa, ma di trasformazione».