Il “mondo piccolo” di Giovannino Guareschi. Letture e dialogo

Press Meeting

Lo scrittore Paolo Gulisano ha introdotto l’incontro, che si è svolto presso il caffè letterario Eni, in sala A3 alle 11.15. “Giovannino Guareschi – racconta Gulisano – dà connotazioni molto chiare ai suoi personaggi: ci descrive i buoni, i meschini, gente di compagnia o figure simili a quelle delle fiabe”. A parlare dello scrittore ci sono proprio i suoi figli Alberto e Carlotta, ai quali Gulisano ricorda alcune frasi del padre su di loro. Celeberrima quella scritta dal lager per Alberto: “Non muoio nemmeno se mi ammazzano”.
Prende la parola la figlia Carlotta: “È stato un grande padre; l’ho goduto molto poco per la sua precoce scomparsa. Mi stette molto vicino mentre imparavo a guidare l’auto, lo consideravo un grande amico, oltre che un papà. Spesso non volevo andare a scuola, lui, anziché rimproverarmi o punirmi, mi portava in giro; una volta mi portò fino a Cremona”.
Commoventi sono stati anche i ricordi del figlio Alberto: “Quando ero ufficiale di complemento negli alpini, mio padre mi venne a trovare di sorpresa. Giunse a Vipiteno, io ero di picchetto presso l’ingresso; mi dissero che qualcuno era venuto a cercarmi. Erano lui e mia sorella, che aveva guidato la macchina. Mi chiese subito se poteva vedere i muli, ma era proibito fare entrare estranei. Tuttavia io li feci entrare di nascosto, lui si fermò a guardare gli animali con curiosità; la sua semplicità consisteva nell’entusiasmarsi per cose semplici. Questo era il suo segreto”.
Egidio Bandini, giornalista e presidente del ‘Club dei ventitrè’, i cultori della lettura di Guareschi, ricorda: “In seguito al successo dei suoi racconti un giorno, dopo un’alluvione a Brescello arrivarono dei pacchi alimentari indirizzati a Peppone e Don Camillo. Quando lo venne a sapere Guareschi disse: ‘allora non sono propriamente cretino’”. I personaggi descritti dallo scrittore emiliano incarnavano la gente reale: il buono, il cattivo, il camionista indomito che non si arrende mai, nemmeno di fronte a una piena del fiume che alla fine lo travolge. “I suoi racconti – prosegue Bandini – esprimono un senso di speranza. Don Camillo, sacerdote energico che parla con Cristo, era al contempo grintoso e mediatore. Peppone, dal canto suo, irruento e comunista e come tale scomunicato dalla Chiesa, manifesta aspetti di spiritualità talvolta più profondi di don Camillo”. Mentre i relatori parlano, il disegnatore Francesco Bisaro, di Renoir Comics ripropone il ‘piccolo mondo’ su carta, con le caricature di Fernandel e Gino Cervi.
“In molte opere Giovannino denunciava ciò che non andava bene nell’Italia della ricostruzione”, riprende la parola Gulisano. “Nell’opera ‘Il decimo clandestino’ racconta di una donna vedova con nove figli, che cambia città, trova lavoro, ma non riesce a trovare una abitazione adeguata ad ospitare i suoi figli. Inizia allora a fingere di non avere figli e trova una casa adatta. Da quel momento vive una sorta di vita parallela, in cui esce di casa coi bimbi la mattina presto per non essere vista e poi finge per tutto il resto del giorno di essere sola. Ma quando la padrona di casa la scopre, inizia ad invidiarla e a tormentarla, poiché in gioventù aveva perso un figlio”. Non ci sono dunque solo aspetti felici nei racconti di Guareschi, ma anche sentimenti più crudi, come l’invidia. Guareschi – aggiunge il moderatore – amava molto anche le espressioni dialettali che inseriva anche nei libri. Spesso diceva: “Mia mamma mi ha fatto in dialetto, io penso in dialetto, il dialetto mi viene più facile che l’italiano”.
Papa Bergoglio un giorno disse scherzosamente che il prete da lui preferito era don Camillo. Effettivamente i due personaggi più conosciuti della letteratura di Guareschi sono celebri in tutto il mondo. Afferma Carlotta: “Sono personaggi che tutti vorremmo incontrare, il sindaco e il parroco che tutti vorremmo. Il linguaggio usato da nostro padre è molto semplice”. Alberto ricorda che “quando si girarono le prime scene del film, mio padre voleva assolutamente interpretare Peppone e pensava che fosse meglio che don Camillo fosse interpretato da Gino Cervi. Julien Duvivier fece provare circa quattordici volte a mio padre la scena dello spogliatoio della partita di calcio, in cui Peppone scuoteva il centravanti, ma continuava a ripetere che papà non era adatto. La cosa lo innervosì molto, tanto che alla fine si tolse gli abiti e decise di non far parte del cast”.
Il più volte chiamato in causa “commissario tecnico” della nazionale guareschiana, Giorgio Vittadini ha chiuso l’incontro sottolineando alcuni punti fondamentali. “Abbiamo scelto di accostare Guareschi a Jannacci, perché parlano di periferia e sono entrambi ‘periferici’, eccentrici, ‘tipi strani’. Sono come tutti noi, quelli che ‘non sono a posto’, che hanno dentro qualcosa che gli manca, ma che li fa essere ‘persone’ che hanno coscienza. Le cose hanno consistenza oggettiva, Cristo è una cosa oggettiva. Tu hai bisogno di incontrare la realtà, e Cristo ne è il centro. Per questo il Cristianesimo è così moderno, perché c’è questa presenza. Il Meeting ha alla base questa dignità, questa libertà, che purifica l’anima. Quel sentire che il “mondo piccolo” è invece il mondo grande”.
(F.Po., M.T.)

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