Il cristianesimo come avvenimento. Il pensiero teologico di Luigi Giussani

Redazione Web

Il cristianesimo come avvenimento
Il pensiero teologico di Luigi Giussani

Rimini, 20 agosto 2022 – In occasione del centenario della nascita del fondatore di Comunione e Liberazione, esce il volume “Il cristianesimo come avvenimento. Il pensiero teologico di Luigi Giussani” a cura di Carmine di Martino, professore ordinario di Filosofia morale presso l’Uni-versità degli Studi di Milano. Al Meeting di Rimini, in un dibattito che dal saggio prende il titolo, ci si interroga sull’opera educativa di don Luigi Giussani come un contributo importante alla vita della Chiesa.
Nel presentare l’incontro, Di Martino sottolinea come la proposta di Giussani abbia mosso e continui a muovere decine di iniziative e migliaia di persone in tutto il mondo, e così il suo pensiero teologico, ma anche filosofico e pedagogico dicano di un uomo, testimone della fede, straordinariamente contagioso: «La sua è stata una fede intensamente vissuta, con dentro una struggente passione per il destino di ciascuno, e questo lo ha condotto a disattendere ai programmi che aveva e a mettersi sulla strada dell’educazione. Suo desiderio è stato far uscire i fratelli cristiani dall’ignoranza e dall’indifferenza. Giussani ha avuto, dunque, uno straordina-rio talento educativo, ma facendo quello che ha fatto ha continuato anche la sua opera di teologo».
Di Martino quindi invita gli ospiti presenti a sottolineare le riflessioni, i concetti chiave, le pro-poste educative che aiutano ad illuminare il pensiero di Luigi Giussani. «Emerge innanzitutto una corrispondenza tra la dottrina e l’esperienza», esordisce il professor Alberto Cozzi, pro-fessore di Teologia Sistematica presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e membro della Commissione internazionale teologica. «Giussani lancia la preoccupazione della centra-lità dell’incontro con Cristo. Come diceva san Gregorio Nazianzeno, “quando ho incontrato Cristo, mi sono scoperto uomo”; così l’antropologia della fede ci ricorda che c’è un incontro in cui ci si accorge di essere uomini. Questi segni convocano il nostro Io. Nella parola “destino”, che Giussani ricordava spesso, c’è una preoccupazione. Che quello che facciamo possa essere esperienza di un avvenimento. Nella fede viva», conclude Cozzi, «ci si accorge di essere poveri. Allora Dio è Qualcosa di cui viviamo adesso, è presente. L’esperienza cristiana è quella in cui ci si accorge di essere uomini».
Tom Goourlay, docente di Teologia e direttore nazionale della Chaplaincy and Faith Formation presso la University of Notre Dame, Australia, continua la riflessione: «Più ho studiato gli scritti di Giussani, più ho cercato di vivere secondo i suoi insegnamenti, arrivando a vedere il cristia-nesimo come un evento che ha un continuo e intrinseco legame con la mia vita e con il cosmo intero. Gli insegnamenti di Giussani», infatti, «incarnano gli insegnamenti del Concilio Vati-cano II: chiamata universale alla santità e desiderio a portare la fede fuori dalla sfera privata e abbracciare la cultura e la vita intera. Il pensiero di Giussani è così vasto che copre tutta l’ampiezza dell’esistenza umana».
«Il senso religioso», prosegue Goourlay, «è dono gratuito. Giussani ha educato al senso reli-gioso dell’uomo, che è null’altro che esigenza di totalità, desiderio di totalità e di assoluto che costituisce l’essere umano. L’uomo spesso è preda di falsi idoli e così subisce l’attacco alla ragione, il cui senso più alto è il senso religioso. Una delle caratteristiche più importanti del senso religioso è la dimensione permanente dell’esistenza, una preparatio fidei: la natura che si prepara alla grazia, la ragione che si prepara alla fede».
«Giussani», aggiunge il relatore, «individua il problema della modernità. Per molti giovani, miei studenti, Gesù non è per niente interessante. Non è una crisi di fede, ma una crisi di ragione, di atrofia del senso religioso. L’apologetica tradizionale rimane poco interessante a livello esistenziale. Giussani vide che era necessario qualcosa di più del razionalismo che so-steneva l’approccio dell’apologetica tradizionale, che rappresentasse il dinamismo non solo della vita umana, ma della vita interiore di Dio, che si rivela attraverso Gesù Cristo».
«Per Giussani la fede», conclude Goourlay, «è credibile se vista come risposta alle domande poste continuamente. Il senso religioso, dunque, va esercitato con costanza per tenere viva la fede. Gesù è venuto al mondo a richiamare l’uomo alla vera religiosità. Il senso religioso è compagno necessario di una fede vibrante e viva, che può essere verificata con le esigenze della vita. Senza questo la risposta alle proposte della fede diventa antagonismo, tradizionali-smo o indifferenza. Gesù fatto carne è una presenza presente».
L’ultimo intervento della tavola rotonda è affidato a Giulio Maspero, professore ordinario di Teologia Dogmatica, Pontificia Università della S. Croce: «Quando uno riceve una grande ere-dità può rimanervi attaccato invece di farla fruttificare. Fortunatamente lo stile di Giussani ci protegge dalla tentazione di trasformarlo in un idolo, iniziando a parlare un linguaggio che capiamo solo noi e che ci potrà permettere di evangelizzare al massimo solo una suora o un catechista, una persona già in contatto con il mistero e che ha già incontrato Cristo». Ma come si custodisce un carisma così prezioso? «Bisogna gustare quel talento in modo ecclesiale, in modo teologico, risalendo alla sorgente di quel talento, alla Trinità stessa».
Lo stile di Giussani, insomma, è lo stile della relazione, relazione che ci permette di rileggere il mondo alla luce della Trinità, essa stessa relazione: «L’umano sta nei rapporti, non solo in noi. E se ci capiamo solo tra di noi tradiamo quella paternità che ci ha generato. Il pensiero di Giussani», conclude Maspero, «è pensiero sempre nuovo, nella tensione tra l’origine e l’infinito».

(M.B.)

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