I risultati di Planck

Press Meeting

“Il progetto Planck dell’Esa (agenzia spaziale europea) ci ha permesso di vedere i semi della struttura primordiale dell’universo che porterà a conseguenze importanti in termini scientifici. Oggi abbiamo chiamato due scienziati per immedesimarci con i loro occhi e capire l’importanza di questo progetto”. Con queste parole Letizia Bardazzi, presidente dell’Associazione italiana centri culturali ha introdotto l’incontro delle 11.15 nel salone D5 dal titolo I risultati di Planck. Presenti Nazzareno Mandolesi, membro del Consiglio scientifico dell’Esa e membro del cda Asi, Marco Bersanelli, docente di astrofisica all’Università di Milano.
Bersanelli inizia con una coinvolgente illustrazione del processo di ricerca che ha portato alla creazione del potente osservatorio spaziale Planck, dedicato alla rilevazione della radiazione cosmica di fondo. L’idea era nata già all’indomani delle rilevazioni del fondo cosmico fatte dal satellite americano Cobe e delle “increspature” che esse presentavano. Attraverso la diapositiva dello spettro di potenza, Bersanelli ha fatto comprendere al pubblico in quale direzione si poteva spingere la ricerca. Quindi la straordinaria impresa della creazione di uno strumento quale Planck è: un potentissimo strumento dotato di più “occhi” in grado di rilevare le informazioni che portano diverse lunghezze d’onda. Il satellite è stato lanciato in orbita nel 2009 ad 1,5 milioni di chilometri dalla terra, grazie a un core team di 400 scienziati che collaborano stabilmente. È stato possibile fotografare con una accuratezza impensabile la primordiale mappa dell’universo. Il 21 marzo 2013 Esa ha presentato i primi dati riguardanti i primi 380 mila anni dell’universo, paragonabili alle prime venti ore di vita di un uomo.
Mandolesi, dopo aver riflettuto sulla bellezza per lui non casuale dell’universo, entra nel merito della descrizione dei risultati. Spiega che la superficie osservabile dalla mappa fornita da Planck e dai dettagli rilevabili si possono dedurre gli ingredienti del cosmo, la sua geometria e risalire a ciò che è accaduto in un momento ben preciso: circa 14 miliardi di anni dopo il Big Bang. I dati confermano anche la teoria in merito alla bassa percentuale dell’universo conosciuto (circa 5% della materia). L’altra parte dell’universo è costituita da materia oscura (circa il 27%) che non vediamo direttamente, ma che sappiamo avere la stessa composizione chimica di quella conosciuta. Ben più consistente (quasi il 70%) è costituito da energia oscura, riconducibile, per ipotesi, all’accelerazione attuale dell’espansione dell’universo.
Letizia Bardazzi formula quindi alcune domande riguardo la passione per la ricerca scientifica oggi. Per entrambi gli scienziati la curiosità rimane il principale motore della ricerca e – aggiunge Bersanelli – “condividere il lavoro scientifico con una compagnia di persone è parte della motivazione stessa”. Seguono il racconto di momenti emozionanti e di stress legati al progetto. Con l’ultima domanda si passa la tema del futuro della ricerca scientifica in Italia. Per Mandolesi il livello di ricerca nel campo dell’astrofisica ha raggiunto livelli importantissimi (circa il 10% delle pubblicazioni scientifiche mondiali, a fronte della media del 5% per gli altri ambiti) che sarebbe gravissimo perdere. Conclude Bersanelli: “È importante che i giovani che lo desiderano imparino a fidarsi dell’intuizione di una prospettiva, perché non esiste circostanza che possa impedire a una risorsa umana di esprimersi. Certo occorre osservare un orizzonte internazionale, ma l’orizzonte internazionale è già nell’eccellente livello d’istruzione che la scuola in Italia offre. Chiediamo ai nostri governanti di prendere sul serio la ricerca: se perdiamo una generazione, perdiamo una storia”.

(G.L., A.S.)

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