“Food coalition”. La sfida della nutrizione in tempo di pandemia

Redazione Web

Rimini, 21 agosto 2021 – L’incontro “Food coalition. La sfida della nutrizione in tempo di pandemia”, proposto dal Meeting di Rimini in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ha dato l’occasione di ripercorrere e approfondire i momenti che hanno segnato la strada verso l’istituzione di questa nuova coalizione sotto l’egida della FAO.
Dopo l’introduzione di Conchita Sannino, giornalista de La Repubblica, sono intervenuti Agnes Kalibata, UN Secretary General’s special envoy to the 2021 Food Systems Summit; Maurizio Martina, special advisor e vicedirettore generale aggiunto della FAO; Ettore Prandini, presidente Coldiretti; Marina Sereni, viceministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; Suor Alessandra Smerilli, sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale per il settore Fede e Sviluppo, Consigliere economico del Papa.

Per lungo tempo il tema della fame e del cambiamento climatico erano rimasti in secondo piano, osserva Kalibata. Per questo gli obiettivi dei prossimi appuntamenti della coalizione a New York segnano un punto di cambiamento. Quello che è emerso in precedenza, a Roma, nel luglio 2021, è che le persone, la società civile, gli operatori economici, i capi di Stato devono fare qualcosa: «Si tratta infatti di decidere assieme cosa faranno i vari Paesi verso un’epoca di cambiamento e una collaborazione concreta. Ora bisogna definire i percorsi alimentari nei vari sistemi nazionali e cosa spetterà alla Coalizione nei prossimi dieci anni per raggiungere nel 2030 l’obiettivo “zero fame”. Negli ultimi trent’anni abbiamo visto un vero cambiamento nel settore del cibo. Ne viene prodotto di più, ma viene distribuito in modo non ottimale, ed ora si impongono i problemi legati al cambiamento climatico. Servono quindi modalità più funzionali e sostenibili».
Martina ricorda che ciò che serve è «un contributo che vada oltre i ruoli e le parti, nell’ottica di costruire una comunità. In tal senso, rimane paradigmatica l’esperienza Expo 2015, il primo passo con cui a Milano si è tentato di costruire una strada per la cosiddetta diplomazia alimentare. Il ruolo dell’Italia in questa transizione, infatti, è fondamentale, così come quella sorta di soft power con cui si stanno affrontando i temi che riguardano la vita del mondo, la fame innanzitutto». Senza un approccio strategico e collaborativo l’obiettivo fame zero verrà mancato, ed è per questo che serve concepirsi come comunità di imprese, associazioni e privati che si mettano in gioco operativamente con risorse e azioni. «La FAO lavora sui temi dello sviluppo agricolo e fa tutto questo per consentire l’inserimento di strumenti e imprese agricole e alimentari, soprattutto nelle realtà più problematiche. Il Covid ha sicuramente aggravato la situazione e in questo momento dobbiamo raddoppiare gli sforzi nella metà del tempo. Per questo che abbiamo bisogno delle coalizioni per agire, per collegare parole e azioni rapidamente».
Prandini, al riguardo, porta l’esperienza di Coldiretti, una raccolta di storie in cui si investe e si innova in campo agricolo e alimentare. «Queste dinamiche locali, però», riconosce, «hanno bisogno di essere supportate anche ai livelli di governance più alti» ed è per questo che Coldiretti ha prontamente aderito agli incontri di Roma e prossimamente prenderà parte a quelli di New York. «Vediamo persone che al completamento dei percorsi di studi professionali o universitari preferiscono il settore agricolo per la scelta di vita ed economia che questo rende possibile. Perché questo accada serve integrare il settore agricolo all’interno della filiera produttiva e turistica, serve creare connessioni» sottolinea. Iniziative come “Campagna amica” dimostrano come il reddito agricolo possa aumentare in modo sostenibile e migliorare la qualità delle campagne, facendo del modello italiano un modello per avvicinare consumatori e produttori limitando gli sprechi.

«Nel percorso fatto dalla Dichiarazione di Matera verso il Food System Summit di New York, il G20 ha fatto della sicurezza alimentare un tema centrale per i Ministeri degli Esteri e dello Sviluppo. E tutto questo per evitare che la crisi sanitaria si trasformasse in molti posti in una crisi alimentare», continua Sereni. Per questo la Coalizione rappresenta il superamento degli intendimenti formali verso un orizzonte di azione comune, con una serie di impegni concreti realizzabili e verificabili. Su questo terreno, infatti, si contrappongono interessi divergenti, su più livelli e con diversi attori e la dichiarazione di Matera è stata in grado di raggiungere un sano equilibrio; ora alla Coalizione il compito di raggiungere questi obiettivi.
Conclude Smerilli, ricordando come papa Francesco abbia voluto la Commissione Vaticana per il Covid, proprio per favorire questo genere di riflessioni di lungo periodo: per preparare il futuro, per attivare quei processi necessari ad attivare il futuro nella direzione in cui vorremmo. Ed è per questo che la Commissione subito si è coinvolta nei lavori della Food Coalition, vedendo pieno allineamento rispetto ai suoi tre ambiti operativi principali: cibo, lavoro e salute.  «Ascoltare, creare connessioni e creare soluzioni: è questo quello che, possiamo a fare da Roma», evidenzia. La sicurezza alimentare, tuttavia, non è mancanza di cibo, ma il mancato accesso ad esso per tutti: siamo di fronte ad una situazione di ingiustizia alimentare. In questo serve la consapevolezza nessuno può farcela da solo. «Per questo le tre C oggi più ostili – conflitti, Covid, cambiamenti climatici – devono trovare soluzione in tre C virtuose: collaborazione, coordinamento, compagnia, intesa come amicizia. Quello che la Laudato Si’ Action Platform intende sostenere anche attraverso iniziative come la coalizione FAO.

(E.S.)

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