EDUCAZIONE, IDENTITÀ E DIALOGO

Press Meeting

“Il tema di questa mattina si inserisce in un filone che percorre tutta la storia del Meeting sin dalla sua prima edizione, aprendo un dialogo come opera profonda che si alimenta tramite l’educazione”. Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Comunione e liberazione, introduce così in sala C1 alle ore 11.15 l’incontro “Educazione, identità e dialogo”. Il dialogo si svolge tra i relatori Ignacio Carbajosa, docente di Antico Testamento alla facoltà di teologia dell’Università San Damaso di Madrid, Alon Goshen-Gottstein, direttore dell’americano Elijah Interfaith Institute e Abdel-Fattah Hassan, docente di letteratura italiana alla Ain Shams università del Cairo. “Oggi vogliamo affrontare – ha precisato Fontolan – con lo spirito che egli stesso auspica, le questioni capitali che Benedetto XVI ha sollevato il 27 ottobre scorso ad Assisi: ‘Da dove sapete quale sia la vera natura della religione? (…) esiste veramente una natura comune della religione, che si esprime in tutte le religioni ed è pertanto valida per tutte?’”
Articolato l’intervento di Alon Goshen Gottstein: “Desidero in primo luogo soffermarmi su identità, istruzione, violenza ed amicizia – ha detto – I modelli che presenterò saranno analizzabili indipendentemente dal tipo di cultura ed avranno modalità di implicazione importanti in ogni caso. Importanti sono, in primo luogo, il dialogo e l’educazione: essi si basano sul fatto che ogni essere umano abbia un valore intrinseco come persona. Il dialogo è un meccanismo che consente di gestire tensioni che, se lasciate irrisolte, possono essere la base di un conflitto”. Per il relatore le differenze umane ed interpersonali possono essere già la base di un conflitto: “Se noi ebraici pensiamo al mondo occidentale e ci apriamo ad esso, dobbiamo farlo sulla base della stimolazione e della partecipazione al dialogo”. Direttamente collegata al dialogo è l’educazione: “Crea valori, costituisce stili di vita, implica fare pedagogia a livello costruttivo. Il dialogo interreligioso porta a molte sfide anche a livello educativo”.
Il secondo punto cardine dell’intervento del rabbino è costituito dal rispetto: “Secondo i testi rabbinici, nessuno può ferire od uccidere un’altra persona, in quanto l’uomo è fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Anche il rispetto è collegato al dialogo, in quanto l’uomo si confronta, si relaziona ai fratelli, a tutti coloro che sono fatti come lui da un unico creatore. Il terzo punto è costituito dall’identità: essa è data in primo luogo dall’appartenenza di ognuno di noi ad una certa religione. Il dialogo, per quanto risolva le tensioni, da solo può non servire a costituire una identità, per cui è necessaria l’educazione. Vi sono religioni aperte alla violenza, altre, per fortuna privilegiano il confronto”. Altro punto fondamentale trattato da Gottstein è l’amicizia: “la maggior parte di noi – ha aggiunto – sa che i nostri amici sono della stessa nostra religione: essa quindi origina dalla identità religiosa”. Alla fine della serie degli interventi il rabbino ha invitato i presenti ad intonare il canto “Ajeka”, che significa “elevando i pensieri a Dio”.
Carbajosa reagisce alle interessanti provocazioni di Goshen-Gottstein, partendo da Abramo, figura che accomuna ebrei, cristiani e musulmani nel passaggio dall’idolatria all’adorazione di un unico Dio. “Il passo è descritto – precisa Carbajosa – come risultato di una Rivelazione, cioè dell’intervento di Dio nella storia, la cui prima mossa è la chiamata di Abramo”, ma proprio rivelazione (o fede) e ragione sono i due termini che oggi sembrano così contrapposti da rappresen-

tare l’origine della violenza tra popoli e culture. Questo implicherebbe inoltre l’affermazione di una “verità” non raggiunta dalla ragione, quindi per natura non universale, escludendo la possibilità di dialogo. Si capisce dunque la preoccupazione di Benedetto XVI rispetto alla consapevolezza della vera natura della religione. “È proprio l’evento della rivelazione di Dio nella storia – sottolinea il docente – che pone Abramo nella condizione di usare la ragione con tutta la sua potenza” e questo è documentato nel Corano, nell’Antico Testamento e massimamente nella provocazione all’uso della ragione da parte di Gesù di Nazareth. Il sacerdote cita al proposito don Giussani, “nell’esperienza cristiana, anzi massimamente in essa, appare chiaro come in un’autentica esperienza siano impegnate l’autocoscienza e la capacità critica (la capacità di verifica!) dell’uomo, e come un’autentica esperienza sia ben lontana dall’identificarsi con una impressione avuta o dal ridursi a una ripercussione sentimentale. È in questa «verifica» che nell’esperienza cristiana il mistero della iniziativa divina [cioè, la rivelazione!] valorizza esistenzialmente la «ragione» dell’uomo”. Chiara in questo senso l’intenzione del Papa Benedetto XVI nell’intervento di Ratisbona in merito alle parole dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, che “non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”. La ragione moderna non deve temere la vera religione ma piuttosto il suo travisamento.
Qual è il contributo che una religione vera può dare alla società in quest’alba del terzo millennio? Le obiezioni che la ragione moderna oppone alla religione descrivono uno stadio di autosufficienza a cui l’uomo moderno è arrivato, per cui la ragione si sosterrebbe da sola nell’esercizio della ragionevolezza mentre svolge l’oneroso compito di sorvegliare che la religione non imponga l’irrazionale nella città comune. È qui dove si situa il ruolo correttivo fornito dalla religione, senza il quale, secondo Benedetto XVI, “la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana”.
Come Abramo più di tremila anni fa, anche noi oggi abbiamo davanti questa sfida epocale: allargare la ragione per abbracciare la realtà secondo la totalità dei suoi fattori. Richiamare la ragione a non chiudersi in una frammentazione della realtà che non fa i conti con tutto il reale appartiene alla vera natura della religione ed è il grande contributo che può dare in questo drammatico frangente storico.
Abel-Fattah Hassan, docente di Letteratura Italiana alla Ain Shams University del Cairo ha affermato che “I termini di educazione, identità e dialogo, se saranno riconciliati e armonizzati, potranno essere il triangolo del benessere, della prosperità e della pace tra gli uomini. Un’educazione vera e propria, in particolare, ai valori sublimi (di giustizia, convivenza, uguaglianza, rispetto reciproco e di cooperazione per il bene comune) proteggerebbero ognuno di noi dall’essere vittima di crisi o contraddizione interiore. Tutti siamo passeggeri sulla stessa nave, ossia il nostro pianeta – e la salvezza della nave significa salvezza di tutti. Ogni passeggero ha una sua cabina privata che rappresenta la sua identità; fuori dalla cabina i passeggeri si incontrano nei corridoi, al ristorante, nei corridoi e nei saloni ricevimenti, ed abbiamo così il dialogo. Dobbiamo educare le generazioni future a non generalizzare ed a trattare imparzialmente l’altro anche se è rivale. Dobbiamo insistere sull’educazione, sull’amore, sulla pace, sulla cooperazione per il bene comune, sull’amicizia, sul dialogo e sul rispetto reciproco: ce la potremo fare solo se saremo dotati di sincerità e di onestà”.

(G.L., F.P.)
Rimini, 22 agosto 2012

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