Economia globale e complessità

Press Meeting

Un positivo confronto fra esperti di Italia, Cina, India

Un dialogo costruttivo fra i tutti paesi del G8 e del G20, i paesi emergenti e in via di sviluppo per costruire un’agenda di impegni da realizzare di qui fino al 2030 all’interno dei tavoli mondiali. È il messaggio emerso dall’incontro delle 11.15 in Sala Neri dal titolo “Economia globale e complessità”, realizzato in collaborazione con Cigi (Centre for International Governance Innovation) in Canada e moderato dal suo Direttore, Domenico Lombardi. Qualificato il panel di esperti: tutti hanno portato la loro esperienza e le competenze maturate per un utile e costruttivo dibattito.

Il relatore Daniele Mancini, Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, ha maturato un’esperienza decennale, prima come diplomatico in vari paesi del mondo, in seguito come consulente per la presidenza della Repubblica, il ministero degli Esteri e in Vaticano. “La complessità è il tema centrale per la riflessione sulle convulse dinamiche che marcano il mondo nel quale viviamo – dice Mancini – e che non riescono ad essere adeguatamente analizzate e comprese per la mancanza di strumenti adeguati. Per il diplomatico italiano “non è l’economia globale ad essere complessa, ma il mondo di cui essa è divenuta la forza motrice”.

In questo mondo, la politica ha perduto ogni capacità di indirizzo e controllo sull’economia nonostante sia quest’ultima a guidare ogni scelta politica. “Il mio suggerimento – prosegue Mancini – è che si guardi all’economia globale e al nostro mondo con un approccio transdisciplinare, un metodo trasversale alle discipline esistenti che miri alla piena comprensione della complessità che ci circonda”. Fondamentale il dialogo tra neuroscienze, scienze cognitive, psicologia, antropologia, sociologia, economia, intelligenza artificiale. “Occorre una nuova alleanza tra i saperi e tra l’uomo e la natura dell’universo – conclude – quel “tutto si tiene” che ci ricorda papa Francesco nell’Enciclica ‘Laudato si’, in cui si fondono il destino dell’uomo e quello del mondo”.

Particolarmente lungimiranti le relazioni dei due ospiti successivi per la comprensione degli scenari globali e lo sviluppo di due paesi emergenti, Cina e India: Fan He, Senior Fellow all’Institute of World Economics and Politics, Chinese Academy of Social Sciences e Amar Bhattacharya, Senior Fellow al The Global Economy and Development Program della Brooking Institution USA.

L’economia cinese dopo anni di crescita, mediamente del 6,7 per cento annuo, oggi è in una fase di lieve recessione. “Il governo per mantenere il primato nell’economia globale deve pensare ad un nuovo modello di sviluppo sostenibile – dice Fan He – garantendo politiche di equilibrio fra crescita, occupazione e stabilità finanziaria”. La Cina guarda con interesse all’Italia e alle implicazioni fra le economie di tutti i paesi: “Oggi la Cina possiamo considerarla una fabbrica, l’industria del mondo”; “un altro fattore di successo – per il relatore – è la trasformazione del mercato commerciale da un modello tradizionale in commercio intraindustriale”, dove sostanzialmente si produce e si smercia una miriade di prodotti. Per lo studioso le azioni necessarie per superare le complessità sono due: una spinta e un potenziamento del settore dei servizi ed una riforma del sistema bancario. “Abbiamo in Cina numerose start up che potenzialmente potrebbero svilupparsi – dice – ma come facciamo a sapere se nel lungo periodo funzionano?” e cita come esempio il caso di successo del portale Alibaba per l’e-commerce. “Con l’Italia abbiamo numerose affinità e convergenze – conclude Fan He – e pertanto vedo nel dialogo un punto di forza per le economie dei rispettivi paesi”.

Il futuro della globalizzazione, il salvataggio dell’economia globale, i cambiamenti climatici con gli impegni dei paesi invitati alla conferenza di Parigi, sono le questioni prioritarie per Amar Bhattacharya. “Oggi l’India ha un’economia che cresce dell’8 per cento annuo ma, come per la Cina, non si può andare da soli: non c’è crescita vera se non è globale”.

Bhattacharya vede il futuro con un certo scetticismo soprattutto nel vecchio continente: le previsioni di un calo dell’economia dei paesi dell’Eurozona, la Brexit e la politica protezionistica del Regno Unito non giovano a nessuno. Venendo al caso dell’Italia, per l’economista “ben vengano le riforme strutturali, ma da sole non bastano, non sono la bacchetta magica; occorre spingere sugli investimenti per realizzare infrastrutture sostenibili e rivitalizzare l’economia”.

Sul futuro della globalizzazione Bhattacharya ritiene necessario un modello più inclusivo “che tenga conto di tutti, con un maggiore senso di responsabilità di ogni paese” Alle nuove forme di populismo si risponde con un “nazionalismo responsabile”. Sul clima infine l’attenzione deve essere massima, soprattutto per l’incremento della popolazione che entro il 2050 crescerà di due miliardi passando dagli attuali 7 a 9 miliardi. “Il 75 per cento della popolazione abiterà in centri urbani, quindi le questioni della riduzione della temperatura globale e nuove forme di urbanizzazione saranno cruciali per la salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente”.

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