DIRITTI E DOVERI DELL’ACCOGLIENZA

Press Meeting

Qual è la vera accoglienza? Da questa domanda è iniziato l’incontro del Meeting legato al tema dell’immigrazione con la partecipazione di Patrick Weil, direttore del centro di ricerca Cnrs dell’Università di Parigi 1, Robert George, professore della Princeton University e Joseph H.H. Weiler, docente all’Università di New York. La conferenza è stata introdotta da Andrea Simoncini, docente di Diritto costituzionale all’Università di Firenze, che ha presentato gli ospiti lanciando poi alcuni interrogativi: “Cosa significa accoglienza? Esistono dei diritti e dei doveri entro cui questa accoglienza deve avvenire?”
Weil, tra i massimi esperti europei di immigrazione, ha precisato che diritti e doveri sono diversi in base allo status legale dell’immigrato di profugo o di rifugiato politico. In entrambi i casi, l’individuo è tutelato ma se ottiene l’asilo politico può godere di maggior protezione. “La particolarità dell’Unione Europea – ha aggiunto – è che lo straniero si trova ad avere gli stessi diritti dei cittadini europei, a differenza degli Stati Uniti”. Weil ha poi citato il caso Lampedusa sottolineando che i tunisini arrivati erano poche decine di migliaia e che “gli uomini politici hanno il dovere di non manipolare la pubblica opinione trasmettendo paura, perché non è in atto un’invasione”. Per il direttore del Cnrs l’immigrato ha il dovere di imparare la lingua del Paese che lo ospita e di rispettarne le leggi, e può godere di vari diritti, tra i quali quello di praticare la propria religione. Secondo Weil, sarebbe inoltre necessario stabilire alcuni elementi fondamentali nelle identità di ogni nazione, “pilastri unificanti, che non escludono ma assimilano”. Per la Francia ha individuato il principio di uguaglianza, la memoria della rivoluzione, la laicità e la lingua. “Ma anche l’Italia – ha osservato – dovrebbe trovare i suoi”.
Anche per George è fondamentale riprendere i principi dell’uguaglianza e della solidarietà. “Giovanni Paolo II – ha detto – ha fatto spesso riferimento alla Chiesa cattolica come entità delegata a trasmettere l’unità dei popoli. L’amore di Dio e la volontà di sacrificio sono valori universali. È giusto discriminare le persone sulla base della loro cittadinanza? La Chiesa rifiuta il nazionalismo e il tribalismo, anche se nella tradizione cristiana non si parla effettivamente di cosmopolitismo”.
Da parte sua Weiler ricorda il proprio passato di emigrante in molti stati, fra cui quello italiano. “Sono cresciuto in Israele – ha detto – ho effettuato i miei studi a Londra, poi sono arrivato in Italia a 27 anni dove mi sono fermato per approfondire la lingua e da qui è partita la mia carriera universitaria. Ricordo con affetto il periodo trascorso in Italia, mi ero appassionato al calcio e alla città di Firenze, nella quale risiedevo in una locanda”. Non vi è alcuna legge che obbliga a rimanere in una nazione contro la propria volontà, sottolinea poi Weiler, ognuno può migrare quando vuole, senza nessun vincolo costrittivo. “Trovo che costruire confini o muri come quello di Berlino sia cosa poco rispettosa per la dignità umana. Ci possono essere criteri per stabilire quante o quali persone far accedere al proprio paese oppure no; l’importante è debellare la clandestinità, in quanto né il paese che ospita né il clandestino si percepiscono parte integrante l’uno dell’altro: è una strada aperta al sorgere della criminalità”.
Imparare la lingua del paese in cui si migra è, per Weiler, la cosa principale. “Anch’io ho dovuto imparare l’italiano, iniziando da un libro semplice sul lessico e sulla linguistica. Il problema è che oggi in Italia non si fanno figli: l’immigrazione diviene così un modo per poter bilanciare l’età media della popolazione, che altrimenti sarebbe per la maggior parte anziana. Penso che, però, gli immigrati debbano insegnare ai loro figli fin da subito la nuova lingua e abituarli a essere a tutti gli effetti italiani già da piccoli”.

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