Digital health e medicina del territorio

Redazione Web

Rimini, 21 agosto 2021 – In Sala Ravezzi, con il sostegno di Regione Emilia-Romagna, DOC Generici, si sono ipotizzati scenari di medicina del territorio derivanti dal potenziamento creato dal digitale. Hanno partecipato: Paolo Benanti, docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma ed esperto di bioetica, etica delle tecnologie e human adaptation; Anna Odone, professoressa di Igiene generale ed Applicata all’università di Pavia. Ha introdotto Mattia Altini, direttore sanitario AUSL Romagna.

Il tema dell’Incontro è particolarmente interessante se pensiamo a grandi urgenze come la gestione dell’invecchiamento della popolazione, al decremento demografico o anche solo a quell’eredità di problemi da risolvere che ci ha lasciato la pandemia. Subito interviene Odone: «Territorio e digitale in sanità sono due temi ben presenti nel PNRR. La nostra Costituzione garantisce i diritti alla salute non solo all’individuo ma anche alla collettività e in maniera preventiva». Ma come creare le tutele? Attraverso politiche sanitarie dirette e indirette come ad esempio quelle economiche, attraverso i livelli essenziali di assistenza da cui si arriva al territorio. «L’assistenza territoriale», continua Odone, «è un servizio completo centrato sulla persona. Per come è stata concepita, le persone non dovrebbero arrivare in ospedale o in pronto soccorso. In questo senso si sta riformando l’assistenza territoriale nel servizio sanitario nazionale». Ma con quali leve attuare questa trasformazione? «Soprattutto realizzando la prossimità con le Case della Comunità. Questi obiettivi», conclude Odone, «sono stati recepiti dal PNRR prima ancora di parlare di digitalizzazione e in questo modo ci si è posti l’obiettivo di allineare i servizi ai bisogni della comunità».

Ma, riprende Altini, cosa vuol dire innovazione digitale per chi si occupa di etica? Risponde Benanti: «Ci sono tre prospettive da cui guardare il problema, quella dell’utilizzatore, quella dell’ingegnere e quella della tecnologia. Per cui ci si chiede: cosa significa l’artefatto tecnologico? Quale qualità e servizio porta?». E cosa significa digitale nel sistema sanitario? A questo punto Benanti presenta un video, in cui viene descritta la piattaforma Babilon Health, usata in UK: tramite essa un utente può chiamare un medico e, in base alle risposte alle domande da questi fornite e alla lettura dell’espressione del viso del paziente, un algoritmo di intelligenza artificiale elabora una diagnosi e compila una cartella clinica con suggerimenti di cura nel tempo del colloquio. Benanti spiega: «La piattaforma ha risposto ad un contenimento di costi con una virtualizzazione della prossimità. Ma questa soluzione quali diritti tocca e quali sfide lancia? Ad esempio la scelta del medico, che se costa troppo viene reperito in zone geografiche a basso costo, pone un problema etico; come quello che gli algoritmi di intelligenza artificiale possono dare una previsione di consumo e potrebbero essere guidati. Insomma», conclude il relatore, «nessun artefatto è neutrale».

Odone commenta: «Per Babilon Health non siamo pronti. Nel gruppo di lavoro europeo in cui sono stiamo definendo passo passo il digitale in sanità, facendoci domande precise, perché la definizione delle tecnologie da usare, ad esempio, modificherà i ruoli e il modo di erogazione dei servizi. Prima domanda», spiega «è quale tecnologia utilizzare: telemedicina, sensori, intelligenza artificiale, genomica. Seconda domanda è in che modo la digitalizzazione raggiunge gli obiettivi: automazione, predizione, interazione, precisione e personalizzazione. Terza domanda è come arrivare sul territorio: digitalizzazione dei flussi informativi, telemedicina. La digitalizzazione in sanità», conclude Odone, «supporta la compensazione dello sbilanciamento tra cura e prevenzione».

Ma ci sono problemi a proseguire così? «Sì», dice Odone, «il digital divide, l’alterazione del rapporto tra paziente e medico, sicurezza e privacy, valutazione di impatto, infrastrutture tecnologiche, per citarne alcuni». Conclude Benanti: «La digitalizzazione in ambiente sanitario ha enormi potenzialità. Traccia tutti i dati e li rende disponibili a tutti in modo che da tutti sono consultabili. C’è quindi il problema di scegliere un criterio con cui far ciò. Si può scegliere una logica adattativa, quindi in base alle esigenze di chi chiede. Ma questo è un lavoro che richiede interdisciplinarietà».

(A.L.)

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