Cybersocietà e civiltà dell’uomo

Redazione Web

Cybersocietà e civiltà dell’uomo
Educazione al digitale

Rimini, 20 agosto 2022 – La trasformazione digitale che investe tutti gli ambiti della realtà viene contestualizzata secondo il tema del Meeting nell’incontro “Cybersocietà e civiltà dell’uomo”.
Introduce Andrea Simoncini, vice presidente Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli ETS, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Firenze, con un excursus sui termini “cy-ber”, prefisso utilizzato in vari contesti, e “cibernetica” inventato nel 1948 da Norbert Wiener per un suo libro. “Cibernetica” deriva da kubernetikè (techne), l’(arte) di governare la nave. Partendo dall’ipotesi di fondo che sia le macchine che gli organismi viventi abbiano un mec-canismo di funzionamento analogo, la cibernetica sintetizza il funzionamento di un sistema di controllo secondo le fasi di input (stimolo), trasformazione, feedback o retroazione. Quindi questa visione sistemica della realtà permette di ridurre problemi complessi, come l’intelli-genza o la decisione, a problemi semplici automatizzabili, cioè realizzati da macchine. La tra-sformazione radicale in corso è che la tecnologia, strumento per attuare qualcosa di già for-mulato e modellizzato dall’uomo, oggi è anche strumento di decisione e di scelta. Quindi, quando lo sviluppo e la concentrazione di tali strumenti tecnologici è nelle mani solo di alcuni, si pone un problema di potere e un’importante domanda: che spazio rimane per la libertà?
Prende la parola Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR): «Comprendere la transizione digitale è una sfida non facile, perché siamo in un mondo dove ogni scienziato o studioso personalizza a modo suo il termine cibernetica». Wiener in-tendeva con tale termine la modalità automatizzata di riprodurre alcuni fenomeni biologici, l’idea era “riproduco quindi comprendo”. Anche se con dei limiti, questa concezione ha per-messo la modellizzazione e la semplificazione di sistemi complessi. Oggi al temine “cibernetica” si è aggiunto il “cyberspace”, che può intendersi come uno spazio aggiuntivo con grande quan-tità di dati in forma diversa e digitale, che ha un riflesso determinante su decisioni e scelte individuali e collettive. Ma il Metaverso non è la realtà e il cyberspace va controllato. Non bisogna confondere l’automazione di un processo che simula quello reale con la compren-sione: «Automazione non è comprensione». In definitiva si può concludere che l’intelligenza umana e lo spazio sono i due misteri di questo secolo.
Riferendosi al cyberspace, al suo impatto sulle relazioni sociali e alla sfida che pone alla libertà, interviene Mauro Magatti, professore ordinario di Sociologia Generale all’Università Cattolica del Sacro Cuore, editorialista del Corriere della Sera e Avvenire. Magatti ribadisce come tutti viviamo in un tempo accelerato, in cui spesso non comprendiamo cosa ci stia accadendo, e suggerisce di guardare alla tecnologia secondo la visione di Socrate e Platone, senza entusia-smo né paura, come a un farmaco che è sia curativo che velenoso. Poiché quello che sta acca-dendo è troppo grande, avere lo sguardo farmacologico vuol dire farsi delle domande. Inoltre bisogna essere consci che raccogliere una grande quantità di informazioni pone il rischio di confonderle con conoscenza e pensiero. Importante quindi è lavorare sul tema della forma-zione, investendo sulla cura della persona, affrontando un cambio di prospettiva prima che la tecnologia ci travolga. Riferendosi a Bruno Latour, Magatti ricorda che oltre agli esseri umani vi sono altri attori detti “attanti”, che, pur non essendo umani, agiscono formulando decisioni e attuando azioni, con il rischio di mettere in discussione gli spazi della responsabilità indivi-duale e collettiva. Quindi «dobbiamo aiutarci a pensare».
Ma che rapporto ha un soggetto pubblico con i sistemi che hanno la capacità di influire sui nostri comportamenti e anche il potere di influenzare le informazioni? A questa domanda ri-sponde Luciano Violante, presidente emerito della Camera dei Deputati e presidente della Fondazione “Leonardo”. Egli afferma che non esistono più solo i mediatori con funzioni atte a costituire un rapporto tra cittadini e istituzioni (partiti, sindacati, associazioni, ecc.), ma altri, come Google, Amazon, ecc., di cui non conosciamo l’identità, dove sono o chi li comanda. Oggi a terra, mare, cielo, spazio si è aggiunto il mondo digitale che utilizziamo anche non conoscen-dolo (un po’ come quando accendiamo la macchina senza capire niente di meccanica). Il mondo digitale però è creato dall’uomo e permette di entrare in uno spazio dove ci sono nuovi mediatori che hanno tutti i nostri dati, monopolisti di cui non sappiamo dove siano e cosa sono. Quindi è necessaria un’educazione al digitale, che ha soppresso nella nostra vita lo spa-zio della riflessione (per chi crede, della preghiera). Fino agli anni Novanta, il “sacro” era un reale immateriale; oggi è sostituito dal “digitale”. Ci sono state due forme di colonizzazione da parte del digitale: pervasività del tempo e sacrificio del reale che non si tocca (sacro). Biso-gna quindi recuperare spazi di riflessione e il ruolo dell’immateriale, che non è quello che ap-pare sugli schermi ma quello che appare nella nostra mente.
Quindi l’educazione al digitale, a un corretto rapporto con il digitale passa per un serio inve-stimento educativo.

(M.S.C.)

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