Critica della teologia politica

Press Meeting

Un libro davvero tosto quello presentato al Meeting di Rimini alle 19, nello spazio Invito alla lettura – Eni Caffé letterario, in sala A3. L’opera di Massimo Borghesi, docente di Filosofia morale all’Università degli Studi di Perugia, dal titolo ‘Critica della teologia politica. Da Agostino a Peterson: la fine dell’era costantiniana’ (Ed. Marietti 1820) è stata introdotta da Camillo Fornasieri, direttore del Centro culturale di Milano e commentata da Stefano Alberto, docente di teologia all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano e da Antonio Socci, giornalista e scrittore.
“Borghesi ci fa cogliere la decisività di un tema che a prima vista può sembrare accademico e lontano – ha affermato Stefano Alberto – perché negli ultimi vent’anni sembrava che la teologia politica fosse finita, con la Chiesa sempre più emarginata dalla vita pubblica. Invece, la vera novità del cristianesimo è l’attualità che pone Cristo: ‘il mio regno non è di questo mondo’. Un vero spartiacque che segna la vita civile”.
Questo non significa negare la dimensione politica del cristianesimo, ma il cristianesimo non realizza ultimamente se stesso attraverso la politica. “C’è una riserva escatologica, una differenza tra grazia e natura che la dottrina, da Agostino a Peterson, ci consegna fino ad arrivare a Ratzinger. La ‘civitas Dei’ non può mai realizzarsi come ‘civitas terrena’. E Ratzinger riprende tutto il respiro di libertà dei primi quattro secoli della storia della Chiesa per ribadire che il cristiano non è solo tollerante, ma innamorato dell’uomo e difende la dignità umana”, ha concluso Stefano Alberto.
Secondo Socci, il libro di Borghesi è ancorato alla realtà e “respinge la fascinazione che la politica ha sull’uomo, con le promesse di cambiamento che derivano dalla legge, dall’economia, dal relativismo. Il vero rischio del nostro tempo sono i miti politici perché la felicità e la salvezza non ce li diamo da soli”.
Borghesi ha voluto sottolineare come la critica alla teologia politica rappresenti uno sguardo di prospettiva che unisce Ratzinger a Bergoglio. “Dobbiamo essere sensibili e denunciare il potere che abusa del nome di Dio – ha affermato l’autore – respingendo il Dio degli eserciti, il Dio dell’economia e quello della sopraffazione. Il Dio della teologia politica che prende sempre più peso proprio nei momenti di crisi. Dobbiamo respingere questa eresia”. E proprio il Concilio Vaticano II riscopre il valore della libertà religiosa per tutti. “In questo senso il teologo Ratzinger esalta il sant’Agostino liberale, ponendo l’avvenimento di Cristo al centro della storia dell’uomo, come segno di liberazione, ma anche di una sua profonda libertà sempre rispettata”.

(P.C.)

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