“COR AD COR LOQUITUR”. LA CERTEZZA DI NEWMAN, COSCIENZA E REALTÀ

Press Meeting

“Che cosa può rendere Newman ‘universale’? La sua profonda coscienza che Dio l’aveva creato per un servizio preciso, uno scopo preciso, una missione”. Con queste parole introduce l’incontro (sala A3, ore 15.00) Javier Prades Lopez, direttore del dipartimento di Teologia dogmatica e preside della Facoltà San Damaso di Madrid. “L’uomo che nelle sue concrete circostanze risponde alla chiamata di Dio – prosegue Lopez – acquista un valore universale per sé e per tutto il mondo”. Hanno tenuto l’incontro Edoardo Aldo Cerrato, procuratore generale della Confoederatio Oratorii Sancti Philippi Neri e Ian Ker, docente di teologia all’Università di Oxford, grande esperto della figura di Newman al quale ha dedicato la biografia considerata più completa al mondo e numerosi altri studi.
“Newman interessa al Meeting di quest’anno – spiega Lopez – in particolare perché ha passato tutta la sua vita ad interrogarsi sulla certezza. Giunse ad una splendida sintesi tra fede e ragione”. Lo stesso Newman infatti scrive: “La certezza è qualcosa di essenziale per un cristiano”. Ker ha in seguito presentato l’itinerario della vita di Newman che può essere sintetizzato come un cammino di conversione. Sono fondamentalmente tre le conversioni che hanno colmato l’animo del pensatore inglese nel corso della sua esistenza. Innanzitutto la scoperta che Dio e anima sono reali, poi che la presenza di Dio può essere percepita con la stessa concretezza e certezza con cui si percepiscono le realtà esteriori, e infine la consapevolezza che la fede non si esaurisce in un’esperienza di dialogo intimistico con Dio ma diventa intelligenza della realtà. Ker ricorda inoltre le parole di Newman: “Non è stata la logica a mandarmi avanti ma l’essere concreto che ragiona”.
“Mi soffermerò su una realtà che nella vita di Newman può apparire ‘minore’ rispetto alla grandezza del pensatore – ha esordito Cerrato – una realtà che caratterizzò metà della sua vita: i 43 anni che Newman visse nell’Oratorio di San Filippo Neri”. Cerrato ricorda così il Newman oratoriano: “Amo un vecchio dal dolce aspetto – scrisse Newman in riferimento a san Filippo Neri – il suo pronto sorriso, l’occhio acuto e profondo, la parola che infiamma uscendo dal suo labbro quando non è rapito in estasi…”. “Per Newman – continua Cerrato – san Filippo Neri è un ‘vir prisci temporis’, uomo del tempo antico. Un uomo, un santo, in cui torna a farsi presente con evidenza l’origine del cristianesimo”. L’espressione tratta da un altro santo, Francesco di Sales, diventerà poi il motto dello stemma di Newman: cor ad cor loquitur, il cuore parla al cuore. Con il titolo del Meeting Cerrato conclude il suo intervento: “E l’esistenza diventa un’immensa certezza: in quella ‘e’ iniziale del titolo del Meeting c’è anche tutta l’esperienza – e la storia – di Newman”.
“Che cosa abbiamo visto? – sintetizza Lopez – due affreschi, come due verità della vita di Newman. Sia il dramma della sua fede anglicana, sia lo sviluppo dell’oratorio”. Lopez ha poi spiegato che “Newman ha raggiunto la certezza perché ha conosciuto il sacrificio” e, riprendendo le parole di Benedetto XVI, “nella sua conversione Newman ha fatto un cammino, non si è aspettato un miracolo”. Lopez rilancia così la sfida a tutti noi: “Dobbiamo fare anche qui al Meeting ciò che Newman ha fatto: sapere quello che davvero vogliamo e cercarlo”.

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