Cooperazione e impresa dal volto umano

Press Meeting

Rimini, 24 agosto 2015 – “Abbiamo bisogno di capire quale nesso intercorre fra energie produttive e persona – esordisce il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini – così abbiamo invitato tre numeri uno del mondo produttivo italiano”.
Brunello Cucinelli, presidente e amministratore delegato della Spa omonima, rileva subito che “nella nuova mappa mondiale del lavoro l’Italia conserva un posto speciale nei manufatti di alta e altissima qualità” ed avverte che è iniziato “un momento di nuova generazione, soprattutto per la figura di papa Francesco, per cui siamo tornati ad investire in umanità”. Secondo l’imprenditore del lusso “gli italiani sono il primo popolo ad aver percepito il declino del consumismo e per governarlo occorre usare la scienza ma anche la poesia, miscelare mente e cuore”. E indirettamente raccoglie i suggerimenti di dottrina sociale del Pontefice affermando che “come faceva san Benedetto, bisogna bilanciare la vita tra lavoro e preghiera, e a far lavorare troppo si ruba l’anima”.
Il presidente di LegaCoop Mauro Lusetti, sollecitato da Vittadini, racconta di quando entrò nel mondo della cooperazione, oltre quarant’anni fa, vedendo in esso “la possibilità di intervenire nel cambiamento del mondo, ed ancora oggi il movimento cooperativo garantisce un’ampia possibilità di esprimersi e di cambiare la propria vita”. Vi è però il rischio dell’omologazione dell’ideale cooperativo alle logiche del mercato. “Quando le cooperative non perseguono più la risposta ai bisogni delle persone che le costituiscono, inciampano”. In questo caso, afferma ricordando i 170 anni di storia del movimento cooperativo nel mondo, “non si occupano più della persona nella sua interezza, che nel mondo cooperativo significa welfare aziendale, formazione, crescita”.
A Frédéric Thil, amministratore delegato di Ferrero Spa, tocca rispondere a una raffica di domande di Vittadini sul ruolo e le capacità del manager, la sua integrazione in un’azienda di tipo familiare, la gestione del capitale umano e il rapporto tra azienda e bene comune. La risposta di Thil è sintetica: “Il lavoro deve piacere e il manager deve saper trasmettere questo piacere a quelli che si riferiscono a lui, perché in azienda ciò che lascia il segno è l’attaccamento delle persone”. Ma specifica ancora che la discriminante è ragionare secondo la logica della borsa, basata sulla crescita trimestrale dei parametri del profitto, o invece su quella del capitale umano. “Naturalmente il nostro conto economico è solidissimo – aggiunge – ma noi preferiamo parlare di capitale umano piuttosto che di costi di struttura, e non ci impensierisce aspettare alcuni anni per formare la presenza aziendale in un nuovo mercato”.
In risposta all’ultimo giro di domande sulla gestione del capitale umano, per Cucinelli “l’azienda è una fabbrica di geni, di diversa natura e quantità, e sono un sostenitore più del genio che non dello studio. Occorre lavorare e osare, ma dando rispetto al lavoro”. Lusetti ribadisce che “le cooperative non sono le aziende che inseguono l’affare del secolo. Anche i meccanismi statutari sono fatti per non mettere in crisi i successori”. Conclude Thil, affermando che la chiave della gestione delle persone è l’aspetto sociale. “Noi abbiamo più tempo – afferma – perché non siamo vincolati dalla borsa”
(Ant.C.)

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