Conferenza stampa Rula Ghani, First Lady della Repubblica Islamica dell’Afghanistan

Press Meeting

Rimini, 21 agosto 2015 – Dopo essere stata protagonista di un incontro pubblico (ore 13 sala Eni B1), la First Lady della Repubblica Islamica dell’Afghanistan, Rula Ghani, ha risposto alle domande della stampa in una conferenza introdotta da Stefano Pichi Sermolli, portavoce e capo ufficio stampa della Fondazione Meeting per l’amicizia dei popoli.
In risposta ad una prima domanda, Ghani ha espresso la sua profonda gratitudine verso l’Italia e il popolo italiano per l’importante contributo offerto in numerose missioni umanitarie per la ripresa dell’Afghanistan dopo la caduta del regime dei talebani. Notevole, tra le altre, la presenza italiana nell’Emergency Hospital sorto a Kabul come centro fisioterapico specialistico per la cura – con strumenti e protesi in nessun altro presidio disponibili – delle vittime di esplosioni.
Successivamente, alla First Lady è stata chiesta una riflessione sul terrorismo di matrice religiosa, che ultimamente ha preso di mira non solo gli uomini ma anche i prodotti culturali e nel quale il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, nel messaggio inviato agli organizzatori, volontari e partecipanti al Meeting 2015, ha riconosciuto potenziali “germi di una terza guerra mondiale”. Ghani ha ribadito il proprio invito a parlare semplicemente di terrorismo, per evidenziare che la strumentalizzazione a fini violenti di ideali religiosi è distorsione di pochi fanatici. Il pericolo da essi rappresentato è grave e concreto, ma può essere efficacemente contrastato, come accaduto proprio in Afghanistan, paese in cui l’Isis credeva di poter facilmente consolidare la propria presenza, per avere libero accesso al Tagikistan e all’Uzbekistan e nel quale ha invece trovato una fiera resistenza, fondata sul forte attaccamento del popolo alla sua terra e alle sue tradizioni. In generale, la First Lady ha proposto una duplice risposta all’avanzata terroristica: da una parte è necessario incoraggiare a reagire i popoli delle regioni minacciate dai jihadisti; dall’altra bisogna tentare di capire su quale mancanza nel cuore di tanti giovani, anche occidentali, essi facciano leva per cooptarli nelle loro file.
In risposta ad un quesito sulla possibilità di incrementare il pluralismo in Afghanistan e nel mondo islamico in generale, Ghani ha tenuto a sottolineare che “la libertà religiosa è connaturata all’Islam, come dimostra egregiamente la mia storia personale: nata in Libano da famiglia cristiana, ho celebrato il mio matrimonio con rito musulmano e da un paese musulmano sono stata accolta a braccia aperte”. Perciò – ha affermato la First Lady – quella di cristiano o musulmano è un’etichetta semplificatoria, “laddove tutti gli uomini pregano lo stesso Dio, e a cambiare è solo la lingua con cui lo fanno”. Un unico messaggio di pace accomuna le tre grandi religioni monoteiste, tra cui l’Islam, ed è per questo che, in apertura di ogni suo discorso – indossando il velo in segno di rispetto per il paese che l’ha adottata – Ghani dichiara di credere in Dio compassionevole e di venire in pace.
Tale ideale è stato ribadito dalla First Lady in replica alla successiva domanda, relativa a cosa significhi vivere da cristiana in un paese in cui i cristiani sono una minoranza. “Non rispondo a questa domanda – ha dichiarato Ghani – perché io mi sento cristiana e musulmana: la religione attiene, del resto, ad una dimensione interamente personale, in quanto è fondata sul rapporto esclusivo del singolo con Dio, che è lo stesso che tutti gli uomini pregano; se, dunque, vivere in un paese cristiano significa pregare con i cristiani, in uno musulmano si può pregare con i musulmani”.
La First Lady ha risposto, infine, a una domanda sul suo impegno per il miglioramento della condizione delle donne afghane. Tale lotta, ha spiegato, “nasce da un più generico desiderio di aiutare tutte le – purtroppo assai numerose – categorie di esseri umani che nel mio paese vivono in condizioni di vulnerabilità, alle quali cerco di offrire anzitutto un ascolto, che possa poi sfociare nel costruttivo incontro con autorità, politiche e non, competenti”. In tal senso il dialogo con le associazioni femminili è risultato particolarmente costante e fecondo, “grazie, soprattutto, alla straordinaria forza delle donne afghane, che di fronte alle quotidiane, oggettive, difficoltà in cui sono costrette a vivere – e che portano la maggior parte degli organi di informazione occidentali a rappresentarle come vittime emarginate e indifese – sanno invece lottare per costruire un futuro migliore per le loro famiglie e il loro paese”. Animata dalla speranza in tale determinazione, la First Lady ha invitato le donne afghane ad essere sempre più unite “per ottenere i traguardi di serenità cui aspirano per sé e i propri figli, e per difendere il rispetto che meritano”.

(V.Car.)

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