“Scalate finanziarie”, ritiro da Gaza, impegno politico dei cattolici, nascita di un polo di “centro”, scioperi Alitalia. L’attualità politico-sindacale ha tenuto banco nella conferenza stampa di questo pomeriggio, del cardinal Renato Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, del segretario generale della Cisl, Savino Pezzotta, e di Giuseppe Camadini, presidente della Cattolica Assicurazioni.
Richiesto di un commento sul ritiro da Gaza, il cardinal Martino ha detto “che Sharon, dopo 38 anni, ha reso ai palestinesi quello che era loro”. “Infatti – ha spiegato – dopo la Guerra dei 6 giorni, nel 1968, gli israeliani contrariamente al diritto internazionale, che impedisce modifiche ai territori occupati prima di un trattato di pace, diedero il via agli insediamenti. Adesso se ne sono andati. Avrebbero potuto risparmiarsi la distruzione di quanto vi avevano costruito e considerarlo un affitto per i 38 anni di occupazione”. Al cardinale, poi, è stato domandato un giudizio su quanto detto al Meeting dal presidente del senato, Renato Pera. “Guerre di religione? Non ci posso credere – ha detto – perché ogni religione è uno strumento di pace. Ai tempi della guerra in Iraq, Giovanni Paolo II fece di tutto per dimostrare che quella non era una guerra tra civiltà, tra religioni, ma era un’altra cosa. E tante delegazioni, anche di paesi islamici, ci hanno ringraziato per aver detto che quella guerra aveva altre origini. Dobbiamo incoraggiare il dialogo: il Papa a Colonia lo ha detto chiaramente”. Dialogo, per il cardinale, significa accoglienza a 360 gradi. “Ad uno straniero che viene a lavorare da noi – ha esemplificato – non dobbiamo dare solo un giusto stipendio ma permettergli di vivere con la sua identità culturale e religiosa, anche se proviene da quei paesi islamici dove non vale il principio di reciprocità e, magari, si finisce in carcere se si è sorpresi a pregare”.
Pezzotta è stato provocato sulle questioni italiane. A proposito della Finanziaria ha detto che ci sono tante versione quanti sono i ministri che ne parlano in questi giorni e che, comunque, le anticipazioni di Siniscalco non lo convincono. Per conto suo ribadisce che se si taglia l’Irap “poi si dica dove si vanno a prendere i soldi, perché non si possono ridurre i trasferimenti alle Regioni che andrebbero a nuocere alla sanità”. Secondo il segretario della Cisl “le rendite finanziarie vanno tassate in misura non inferiore a quelle delle attività produttive e il governo deve prevedere almeno la restituzione del fiscal drag”. Sugli scioperi minacciati dagli autonomi all’Alitalia, Pezzotta, con tono fermo, ha detto che “tutti i sindacati, e non solo il mio, devono rispettare le regole che ci sono; noi le abbiamo rispettate per 18 mesi, durante la vertenza del pubblico impiego che non si risolveva”. Pezzotta si è chiesto polemicamente come mai, quando gli scioperi li fa il sindacato confederale, i ministri hanno condannato, invece quando li fa qualcun altro “ci sono le compiacenze dei ministri”. Quanto alle “scalate” nel mondo della finanza e dei giornali, Pezzotta ha detto di non scandalizzarsi e di non sapere cosa farsene dei moralismi di ritorno e dei codici etici, che lasciano il tempo che trovano. “Non sono un anticapitalista – ha affermato – e non mi interessano i codici di comportamento. Non ho nulla contro le ‘scalate’ ma voglio sapere chi, perché e con quali soldi li fa. La libertà passa attraverso la trasparenza, la solidarietà e la partecipazione”.
Infine la politica. Per Pezzotta, in Italia “c’è bisogno di una politica di centro che guarda con realismo alle cose da fare e non è condizionata dagli estremi dello schieramento e che pertanto si pone su un terreno di riformismo; io sono per il riformismo e la concertazione”. D’accordo dunque con Monti “se intendeva questo” e d’accordo anche nel criticare l’attuale bipolarismo, che “non funziona bene e che avrebbe bisogno di qualche aggiustamento”.
Sull’esperienza politica dei cattolici, il segretario della Cisl ha detto che quell’esperienza, nata per far attecchire la democrazia nel nostro Paese, ormai, dopo aver raggiunto il suo scopo, non è più ripetibile. “Questo non vuol dire che i cattolici diventano anonimi e si chiudono nelle sacrestie. Non sono affatto insignificanti nel tessuto sociale e difendono anzi la loro identità e la loro operosità dall’invadenza della politica. I movimenti cattolici – ha concluso Pezzotta – vogliono essere giudicati su quello che fanno e non su quello che si pensa vorrebbero fare. Giudicateli sulle opere”.
Camadini, da parte sua, ha più volte insistito sulla necessità della sussidiarietà, chiedendo alle istituzioni, ad ogni livello, che promuovano e difendano questo principio, vera condizione di una effettiva libertà.
D. B.
Rimini, 23 agosto 2005