Conferenza stampa di Guzmàn Carriquiry e Josè Maria “Pepe” Di Paola

Press Meeting

“Con Papa Francesco siamo passati dal godimento intellettuale per l’altissimo magistero teologico di Benedetto al piacere della grammatica della semplicità. Dopo la via crucis a cui è stato sottoposto il vescovo emerito di Roma, c’è stata l’esplosione di gioia e di speranza di papa Bergoglio: è un segno che la Provvidenza ha individuato il papa che ci chiedeva il nostro tempo”. Nella conferenza stampa delle 13, Guzmàn Carriquiry, segretario della Pontifica commissione per l’America latina, ha affrontato l’argomento del rapporto Benedetto – Francesco, ammonendo, fra l’altro, che è opera del demonio l’ossessiva contrapposizione fra i due uomini di Chiesa, “con i suoi giudizi farisaici e le sue denigrazioni”.
Secondo Carriquiry ci aspetta “un tempo di cambiamenti di personale e di strutture all’interno della Chiesa”, perché Francesco sta facendo molto di quello che Benedetto non è riuscito a fare. A suo dire, comunque, sarebbe miope fermarsi solo “al cambio delle scarpe o allo smontaggio del pomposo apparato di rappresentanza vaticana”. Dietro ad ogni scelta c’è un messaggio di fede. Carriquiry ha ricordato quando, a Rio, il papa ha rinunciato all’auto blindata. A chi gli faceva presente che la sicurezza aveva i suoi costi, Francesco ha risposto che “ognuno ha l’ora che gli è stata assegnata dalla Provvidenza” e che “non c’è maggior sicurezza che l’affetto del proprio popolo”.
Il pontificato di Bergoglio avrà delle conseguenze positive anche sul rapporto fra cattolici ed evangelici in America latina. “Quando era vescovo a Buenos Aires – ha detto il segretario della commissione pontificia – una volta al mese, non senza suscitare polemiche, andava a pregare con il meglio dei pastori evangelici e così, quando prendeva delle posizioni forti, i protestanti lo appoggiavano apertamente. Oggi, il papa continua ad incontrare grande simpatia fra gli evangelici, senza negoziare sull’appartenenza”. Francesco, nel suo recente viaggio in Brasile, ha chiesto ai vescovi del Celam di interrogarsi sulle ragioni della fuga di tanti cattolici verso le sette protestanti. Secondo Carriquiry, Francesco riuscirà a riaccompagnare a casa molti di coloro che se ne sono andati, “senza tenere atteggiamenti aggressivi ma solo testimoniando la bellezza della fede”.
Alla conferenza stampa ha partecipato anche Josè Maria “Pepe” Di Paola, parroco di Villa 21, uno dei quartieri più poveri e pericolosi di Buenos Aires, con il triste primato dello spaccio di droga in tutta l’Argentina. Prima della sua elezione, Bergoglio è stato sempre al fianco di “Pepe” e degli altri sacerdoti delle villas miserias. “Oggi, certamente, il papa non potrà seguirci più da vicino come faceva un tempo – ha esordito don Di Paola – ma continua a telefonare ad alcuni sacerdoti e a farci sentire la sua presenza”. Don “Pepe” ha chiarito che l’esperienza dei parroci delle villas miserias non deriva dalla “teologia della liberazione”, di cui pure ha preso qualche aspetto positivo. La chiave dell’esperienza della “villa” è la “teologia del popolo”: vivere fra la gente senza farci sopra tanti discorsi. “La nostra opera – ha spiegato il sacerdote – e la nostra costruzione pastorale nascono dallo sguardo di fede del popolo e non da una teoria”.
Quanto ai rapporti con gli immigrati boliviani, paraguaiani ed ecuadoregni, don Di Paola ha parlato di comuni radici linguistiche e religiose, che non evitano del tutto i pregiudizi ma facilitano accoglienza e condivisione. Tra l’altro, i cattolici venuti dal Paraguay hanno rivitalizzato la fede in varie zone dell’Argentina.

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