Conferenza stampa con G. Carriquiry, M. Borghesi e M. Magatti

Press Meeting

L’avvenimento del pontificato di papa Francesco e quello rappresentato dalla vita e della figura di don Giussani, nel contesto delle sfide della contemporaneità, sono stati al centro della conferenza stampa delle 13. Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia commissione per l’America Latina, era intervenuto nel salone D5 all’incontro sull’“Evangelii Gaudium. Le sfide. Dall’America Latina all’Italia”; il sociologo Mauro Magatti e il filosofo Massimo Borghesi saranno protagonisti, oggi pomeriggio, dell’incontro che reca come sottotitolo: “Attualità della vita di don Giussani”.
“Col cardinal Bassetti, arcivescovo di Perugia – ha esordito Carriquiry – ci siamo posti davanti all’avvenimento del pontificato di papa Francesco attraverso l’Esortazione apostolica che lui pone come programma, per i prossimi anni, di un cristianesimo gioioso e missionario”. È il primo papa latino-americano e questo “riempie la nostra Chiesa e i nostri popoli latinoamericani di gioia e responsabilità”. “Mi sono anche posto – ha proseguito il relatore – una domanda primordiale: ‘Che cosa ci sta chiedendo lo Spirito di Dio e cosa sta suggerendo al movimento di Comunione e Liberazione, non come fattore esterno ma come rinnovata ripresa del proprio carisma?”.
Anticipando alcuni tempi del suo intervento di oggi pomeriggio, Mauro Magatti, ordinario di Sociologia generale all’Università cattolica di Milano si chiede: “Perché il successo di Giussani? Come mai il prete di un piccolo paese lombardo è riuscito ad avviare un movimento di queste proporzioni? Perché è stato capace – risponde da sociologo Magatti – di cogliere i mutamenti antropologici degli anni Cinquanta e Sessanta. Don Giussani ha saputo intercettare le categorie contemporanee di esperienza, incontro e realtà, attribuendo ad esse un nuovo significato”. Ha detto Gustav Mahler: “La tradizione è trasmettere il fuoco, non l’idolatria delle ceneri”. “È quello che colgo – ha aggiunto il sociologo – in don Giussani e nella sua vita”.
Massimo Borghesi, docente di Filosofia morale all’Università di Perugia, ha segnalato i quattro punti che affronterà nel suo intervento in salone D5: il peso, su Giussani, della famiglia, in particolare del padre socialista; il tono esistenziale di Giussani, che emerge dal libro di Savorana; la grande scuola teologica di Venegono, in particolare il contributo del maestro Gaetano Corti; le molte “svolte” nella vita di don Giussani, specie quelle del ’68, del ’74 e dell’81: altrettanti momenti in cui “corregge in modo formidabile le derive che coinvolgono il movimento da lui fondato, per una nuova ripresa”.
Borghesi ha detto di essere stato colpito, leggendo “Vita di don Giussani”, dall’attualità della sua figura. “Per comprenderla – ha proseguito – è bene paragonarla con quella di papa Bergoglio. Emergono, in particolare, due categorie comuni: quelle del senso religioso e dell’incontro, contrassegnato dallo stupore (una categoria al centro anche del magistero di papa Ratzinger)”. Borghesi ha segnalato altre due affinità tra Giussani e Bergoglio: “l’idea che la grazia ci precede, ‘primerea’, viene prima e che, nel contesto attuale, non pensiamo pensare e proporre un ‘cristianesimo etico’, ma bisogna ritornare all’essenziale”.
Rispondendo alle domande dei giornalisti presenti, Borghesi ha ripreso l’affermazione giussaniana: “Oggi è il tempo della persona”. “Si parte da un incontro”, ha precisato. “Nell’epoca del nichilismo, che è la fine del desiderio di vivere, è solo un incontro che suscita la persona, riaccende il gusto della vita e consente un nuovo dinamismo in tutte le direzioni. Come ha detto Giussani, oggi esistenzialmente non si può seguire Cristo per una tradizione. Si diventa cristiani per un’esperienza. Trovo significativo che su questo punto – ha aggiunto il filosofo – un sito tradizionalista che ho consultato critichi insieme Ratzinger, Bergoglio e Giussani”.
“Questo tempo – ha infine affermato Magatti – ha davvero una profondità di sfida impressionante. Come moderni, tutti noi siamo fuori dalla casa del Padre, come il figliuol prodigo che ha preteso la sua parte di eredità e se n’è andato. Come credenti, possiamo essere il lievito per una ripresa di coscienza del figliuol prodigo”.
(V.C.)

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