“Con Francesco, un’amministrazione più corretta e trasparente”

Press Meeting

Rimini, 22 agosto 2015 – “Gesù capiva il potere devastante del denaro e per questo ammoniva che non si possono servire due padroni. Ma nelle sue parabole loda l’amministratore infedele che si procura amici con la disonesta ricchezza e maltratta il servo che non ha investito presso i banchieri il talento che gli aveva lasciato il suo padrone”. Il cardinale George Pell, ministro dell’economia del Vaticano, questo pomeriggio ha affrontato uno dei temi più delicati che tiene costantemente la Sede di Pietro sotto i riflettori dell’opinione pubblica, quello del rapporto fra il denaro e la Chiesa. Una questione talmente importante che lo ha portato a pronosticare che “la prossima ondata di attacchi contro la Chiesa potrebbe essere generata da irregolarità finanziarie”. Roberto Fontolan, direttore del centro internazionale di Comunione e liberazione, ha introdotto il porporato, ricordando proprio come il denaro sia forse il più abbagliante di tutti i miraggi, la scorciatoia cui il cuore mancante dell’uomo cede più che ad ogni altra.
Il cardinale, richiamando l’insegnamento di Gesù, ha subito messo in chiaro che il cristianesimo “non è manicheismo perché la carne ha il suo valore” e se è vero che i soldi possono rendere avidi e portare alla perdizione, pure possono servire per aiutare l’uomo e la sua azione. “La ricchezza non facilita la conversione, ricordiamo il giovane ricco e la cruna dell’ago inaccessibile al cammello – ha spiegato Pell – ma, come diceva Margareth Thatcher, il buon samaritano non avrebbe potuto soccorrere il poveraccio malmenato dai briganti se non avesse avuto il denaro necessario a pagargli le cure e l’alloggio in albergo”. Il Vangelo, dunque, condanna il ricco Epulone, che si fa beffe di Lazzaro, ma non il buon samaritano che impiega bene i suoi soldi.
Passando poi alla storia dei primi dodici secoli di cristianesimo, Pell ha ripercorso la nascita del moderno concetto di interesse, giustificato dalla crescente complessità degli scambi commerciali e dall’estendersi del loro raggio. Ha inoltre rilevato che il clero, ossia la classe dirigente di quelle epoche, ha favorito ed accolto la nascita degli istituti di credito solidale, chiamati allora “mons pietatis”, in cui l’applicazione di un interesse fra il 4 e il 12% veniva ritenuto necessario per autosostenere il neonato sistema bancario. Anche per motivi storici, dunque, secondo il cardinale non vi è nessuna condanna della ricchezza in sé.
La disponibilità di denaro non deve privarci della povertà di spirito, non deve sostituire la ricchezza spirituale della semplicità. “L’impegno di papa Francesco per una vita semplice – ha detto Pell – è uno dei motivi della sua popolarità”. I soldi vanno amministrati e spesi bene, per opere di carità e solidarietà, “ricordando però – ha ammonito il porporato – che la carità è altra cosa dalla filantropia” e che Gesù dice che “il primo comandamento è amare Dio e che da questo deriva l’amore per il prossimo. Giustizia e lavoro per il cristianesimo sono cristocentrici”.
Prendendo in esame la situazione attuale, Pell ha affermato che gli attuali uomini di Chiesa “sbagliano pericolosamente quando non si curano degli aspetti economici e non danno un giudizio di fede sull’uso del denaro, dicendo che non sono esperti di certe faccende, perché ci saranno altri, malintenzionati, pronti ad occuparsene”. Le autorità ecclesiastiche hanno “obblighi morali di controllo perché altri non abbiano a trarre ingiusti benefici dal patrimonio della Chiesa”. Il cardinale ha portato l’esempio di immobili dati in locazione a prezzi stracciati a qualche amico e citato il miliardo e 200 milioni di euro che non comparivano nei bilanci ufficiali del Vaticano.
“Dobbiamo mettere ordine nelle nostre attività economiche – ha proseguito il relatore – e rendere conto di tutto, in maniera trasparente. Dobbiamo anche trattare bene il denaro: iniziando il conclave i cardinali hanno insistito che è necessario pulire la casa e fare trasparenza”. “Per questo – ha elencato il cardinale – abbiamo costituito un consiglio per l’economia con laici di alto livello professionale e cardinali, istituito un revisore generale laico che può entrare in tutti i nostri sistemi e verificare la correttezza dei conti, messo in piedi un’agenzia contro il riciclaggio, redatto un bilancio di tutto il denaro e di tutte le proprietà della Chiesa”.
Pell ha poi ricordato che un’anziana aristocratica gli descriveva la Chiesa come una nobildonna in decadenza, preda perciò di mascalzoni e profittatori. “Con papa Francesco – ha affermato – stiamo lavorando perché questa immagine cambi e grazie a lui stiamo andando avanti. Senza il suo appoggio una vera riforma non sarebbe possibile”. Infine il ministro delle finanze vaticane ha dimostrato di non aver dimenticato la sua natura di pastore prima che di economo: “Ricordatevi, comunque – ha concluso – che è più semplice amministrare le finanze del Vaticano che provocare una conversione”.

(D.B., Ant.C.)

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