Ciò che accade in un’immagine

Redazione Web

Ciò che accade in un’immagine
Dialogo tra filosofia, arte e scienza

Rimini, 24 agosto 2022 – Con scientifica puntualità inizia uno degli incontri più attesi all’Arena Scienza Pad. C1. È il dialogo “Ciò che accade in un’immagine” tra il filosofo Costan-tino Esposito, professore ordinario all’Università degli Studi di Bari, e Marco Bersanelli, astrofisico dell’Università degli Studi di Milano. A tema è l’angolatura che dà la filosofia al concetto di immagine, partendo dalla domanda circa la natura profonda della realtà.
Esposito parte nella sua esposizione con alcune domande: «Esiste veramente l’immagine? Dove risiede?» E risponde: «È qualcosa che è in noi. Infatti l’immagine è percezione: di chi, di che cosa? C’è un soggetto che percepisce verso un oggetto percepito. L’immagine è sogget-tivo che solo un soggetto percipiente può vedere». Per poi dichiarare: «L’immagine è il luogo dove si dà il mondo. L’unico luogo per noi in cui si può dare il mondo», perché, se noi non lo vediamo, il mondo non si può rivelare.
Da qui Esposito muove per avventurarsi nell’esperienza dell’immagine raccontata da Cézan-ne. Ne mostra alcuni dei quadri più evocativi e cita parti di suoi appunti e lettere, così da far emergere la genialità del pittore francese nel cogliere il dramma del rapporto dell’uomo con ciò che vede. Cézanne è il pittore della realtà, del “realismo alla grande e senza dubbi, l’eroismo del reale”. Ma non è enfasi ingenua sulla presenza del dato di realtà. Cézanne non assume il mondo come già dato, anzi capisce che solo mettere la realtà in immagine permet-te alla realtà di essere. Si può dire che “la realtà aspetta il mio sguardo per essere realmen-te”. Questa posizione umana di fronte al reale impone allora un lavoro: «Bisogna esercitare lo sguardo. Lo sguardo è un lavoro, non è solo registrazione degli occhi. “Lo sguardo è già pensiero”. È già lavoro della coscienza, e di conoscenza» dice Esposito. Infatti Cézanne scri-veva “Devo lavorare sempre”, ma non per arrivare al quadro finito e completato, ma per affinare e depurare lo sguardo sulla realtà, affinchè la colga pienamente. Splendida poi è la ri-flessione di Cézanne sul colore: non è entità astratta, è energia naturale, “luogo in cui il no-stro cervello e l’universo si incontrano”, ed è per questo che il colore appare intensamente drammatico. E ancora: “non c’è che una sola strada per tradurre tutto: il colore – il colore vi-ve, esso solo rende vive le cose”. Dice Esposito: «Il colore è chiamato a ospitare l’offrirsi del mondo».
Bersanelli interviene per proporre allora un parallelo con la scienza. Ci sono analogie, ma an-che una grossa differenza tra arte e scienza nel considerare l’immagine: la scienza vuol far emergere un pezzo di realtà che metta in luce l’ordine che è contenuto nella natura; cerca di farci imbattere nel vero dato del mondo, l’ordine e il senso che ha. Ma qui Esposito arriva al fondo della questione: «Anche la bellezza ha a che fare con la sensatezza, la forma del bello è l’ordine come in scienza! Sennò, come dice Cézanne, “la bellezza di un quadro è la mera soddisfazione degli imbecilli”». E poi sviluppa un’ultimo punto, sempre partendo da Cézanne: «In ogni attività umana, scienza, arte o filosofia che sia, ciò che conta è cosa succede nel rapporto tra soggetto e oggetto. Il soggetto non è padrone del mondo solo perchè può rap-presentarlo o annotarlo. Serve la Fenomenologia della Percezione; scrive Merleau-Ponty su Cézanne: “È la montagna stessa che da laggiù si fa vedere; il pittore la interroga a partire dal proprio sguardo. Cosa chiede alla montagna? Di rivelare i mezzi visibili con i quali essa si fa montagna sotto i nostri occhi”».
Si procede da qui verso la conclusione nel dialogo serrato tra Bersanelli, che cita Schrödinger e il principio di indeterminazione, e Esposito, che rivaluta il concetto di relativismo non come arbitrarietà, ma come centralità del soggetto che vede. Perchè «ciò che è presente, che sia la montagna disegnata da Cézanne, la particella o la stella guardate dalla fisica, è presente in tutta la sua insistenza, come se fosse in ginocchio pregando noi. Cioè la realtà ci implora per essere vista e farsi quello che è».
(G.F.)

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