Cinque anni di pontificato

Press Meeting

Rimini, lunedì 20 agosto – Alejandro Bonet, professore di Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica nei Seminari arcidiocesani di Santa Fe e Rosario, Argentina, introduce l’attesa tavola rotonda, nel Salone intesa Sanpaolo A3, durante la quale tre illustri studiosi si confrontano sulle peculiarità pastorali e culturali dei cinque anni di pontificato di Jorge Mario Bergoglio.

Guzmán Carriquiry, Vice Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, mette subito in rilievo la salda successione di papi, a partire dal Concilio Vaticano II. “Il diavolo non tollera che ci sia unità tra i pontefici, che invece è la caratteristica propria della continuità tra le figure di rilievo che si sono succedute da San Giovanni XXIII per arrivare al papa emerito Benedetto XVI e a papa Francesco”. In un mondo dove ormai le “periferie irrompono nella cristianità” quest’ultimo, “tanto argentino, tanto latino-americano, tanto gesuita, rappresenta l’itinerario proprio della particolarità che sfida la sterilità del grande cattolicesimo europeo. Il pontefice – continua il relatore – ci ha immersi nella mistica della misericordia e si inchina di fronte ai poveri”. Tutto il suo pontificato è un invito alla conversione, alla grande purificazione, innanzitutto dei vescovi e dei loro collaboratori, in un mondo che non tollera che, nonostante tutte le nostre miserie, la Chiesa sia baluardo tra poteri che assumono volti sempre più disumani.

“Chi oppone la memoria Giovanni Paolo II a papa Francesco non sa che il primo pellegrinaggio che fece Karol Wojtyla da papa fu a Puebla, dove era andato a conoscere da vicino la teologia della liberazione”. È l’esordio di Rocco Buttiglione, direttore della Cattedra Giovanni Paolo II alla Pontificia Università del Laterano. Da polacco, osserva, Giovanni Paolo II conosceva bene il “fallimento del marxismo” come strumento analitico della storia. “Io andavo in America Latina in quegli anni, – ricorda Buttiglione – insieme con don Francesco Ricci, per incontrare un gruppo di teologi che avevano preso sul serio l’invito del Papa: Juan Carlos Scannone, Lucio Gera e Jorge Mario Bergoglio, che era allora rettore del Seminario di S. Miguel”. Essi concepirono il proprio impegno verso una nuova teologia un po’ più “al modo di Comunione e Liberazione”. La sfida è cresciuta dentro la lotta per la liberazione dalla dittatura dei colonnelli. “Bergoglio ripeteva che un uomo è un uomo e come tale ha dei diritti e una lotta che ignora la dignità di ogni singola persona concreta non può generare vera liberazione”. Da qui nasce uno dei principi cardine del pensiero di papa Francesco: l’unità è più forte della divisione. Su questa posizione molti hanno versato il loro sangue e il professore ricorda un amico carissimo di Bergoglio, mons. Enrique Angelelli, vescovo di La Rioja, assassinato dai militari, del quale è iniziato di recente il processo di beatificazione.

La riflessione proposta da Austen Ivereigh, giornalista e scrittore, autore de “The Great Reformer: Francis and the making of a radical pope”, è invece incentrata sulla valenza dell’enciclica cilena, costituita dall’intervento di papa Francesco a Santiago e le tre lettere destinate al popolo del Cile. “I temi che sono emersi nella crisi che ha colpito la Chiesa in generale e quella cilena in particolare affondano le proprie origini nel periodo postconciliare, ma possono essere ricondotti al problema della Chiesa arroccata nei propri palazzi, che non è in grado di evangelizzare”. La confusione deriva dalla separazione tra verità e carità e tutto lo sforzo di Bergoglio va nella direzione di purificare la Chiesa dallo gnosticismo e dal pelagianesimo. La situazione della Chiesa oggi deriva da un eccessivo “discutere, rimuginare e condannare, invece di discernere, rinnovare e riformare”.

L’intervento di Massimo Borghesi, professore ordinario di Filosofia Morale all’Università degli Studi di Perugia, inizia trattando il tema sviluppato all’interno del suo libro “Jorge Mario Bergoglio: una biografia intellettuale”. “Non si poteva restare inerti di fronte alle critiche”, così spiega il motivo che lo ha portato a scrivere su papa Francesco, con lo scopo di contribuire ad una chiara comprensione di chi sia e di quale sia il suo percorso intellettuale. Lo studioso, grazie ad alcuni scritti tra cui quelli di Ivereigh, ha ripercorso il cammino formativo di Bergoglio, citando alcuni personaggi che hanno portato alla costruzione del suo pensiero cattolico originale (A. Podetti, A. Methol Ferré, H. U. Von Balthasar, e infine mons. L. Giussani, in sintonia con Bergoglio nella categoria dell’incontro). “Papa Francesco – conclude Borghesi – ha verificato come la vita del cristiano sia dinamica, caratterizzata da una continua tensione tra Grazia di Dio e libertà, tra tradizione e innovazione e tra pensiero lineare e aperto allo stupore”.

(G.L. – S.M.)

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