C’è una politica per il dopodomani?

Press Meeting

Per il ciclo di incontri “Sulle ali della libertà”, organizzato dalla Fondazione Sussidiarietà, il vice premier Giulio Tremonti è stato intervistato dai giornalisti Oscar Giannino, vice direttore del Riformista, Antonio Quaglio, capo redattore del Sole 24 ore e Roberto Bagnoli del Corriere della Sera.
Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, ha provocato Tremonti su tematiche rilevanti nel lungo periodo per il nostro Paese e per l’Europa, dall’economia internazionale alle sorti della piccola e media impresa italiana, dai sistemi bancari nostrani a quelli globalizzati, senza trascurare le questioni di politica internazionale come l’Iraq. Si tratta di far emergere nel dibattito proposte di politica responsabili con a cuore il “dopodomani” italiano: proposte formulate per la costruzione di una politica migliore.
Tremonti, si è proposto di fare ordine nel dibattito in corso sulla situazione economica, fissando alcuni punti cardinali: innanzitutto quella su cui bisogna ragionare è un’economia su scala continentale e non più nazionale; in secondo luogo, le logiche produttive europee sono basate su un’eccessiva penalizzazione che impedisce una reale capacità concorrenziale rispetto a paesi emergenti come la Cina; infine, la situazione internazionale che si è creata dopo la caduta del muro di Berlino e la nascita del WTO vede il mondo non più racchiuso in due blocchi contrapposti, ma liberato e con due aree emergenti, quella asiatica e quella araba. Due aree che hanno reagito in maniera differente a questa loro nuova posizione: l’area asiatica entrando nel mercato globale, quella araba reagendo fortemente in difesa della propria identità con il tragico strumento del terrorismo.
Descritto questo scenario il vice premier è passato alle sue proposte politiche ed economiche, che si configurano a livello europeo: Tremonti, il cosiddetto “euroscettico”, è fermamente convinto che il dopodomani dell’economia sia l’Europa. Per questo la prima proposta è quella di un debito pubblico europeo che serva per finanziare non solo le imprese, ma anche la ricerca e lo sviluppo; è poi urgente attirare capitali extraeuropei; infine, occorrerebbe creare uno strumento, simile all’otto per mille, in grado di sostenere la società civile nelle sue iniziative di solidarietà.
Nella seconda parte dell’incontro, i tre giornalisti hanno posto domande di approfondimento. Giannino, che non accetta le logiche di rassegnazione sul futuro del paese, ha chiesto come sciogliere il nodo che imbroglia l’economia europea. “Il nodo non si scioglie, si taglia”, questo il pensiero di Tremonti, che vede come principale problema dell’Europa l’assenza di un governo unico capace di deregolamentare tutti i processi produttivi delle imprese per aumentarne la competitività sul mercato globale: come provocazione, provare a sospendere per tre anni tutte le regole tranne il codice penale.
Quaglio e Bagnoli, nelle loro domande riportano l’attenzione sull’Italia, che pare essere sempre più in una situazione di crisi. Tremonti si dichiara non pessimista, ribadendo che l’attuale situazione di crisi è però comune a tutti paesi europei, e riaffermando così il bisogno di soluzioni comuni. Per quanto riguarda lo specifico italiano, Tremonti è convinto che il positivo sia il fatto di avere tenuto, in uno scenario ricco di fattori critici: in Italia c’è stata tenuta sia dal punto di vista economico che sociale.
L’ultimo giro di domande rimette al centro la politica italiana e d europea, il ruolo del “centro” in Itali, i tecnocrati in Europa, la costituzione europea.
Tremonti non si tira indietro, e afferma che quel politico che ha governato in Europa fallendo deve assumersi le sue responsabilità e andare a casa: anzi sappi che il voto dirà che proprio perché ha fallito in Europa non deve permettersi d cercare di governare in Italia. Il voto sulla costituzione europea è un esempio del fallimento di quella classe politica di cui il politico in questione fa parte. Per quanto riguarda le ipotesi sul centro, il vice premier chiude il dibattito affermando che la cultura europea è bipolare, e un grande centro non sarebbe capace di rispecchiarla.

M. S.
Rimini, 22 agosto 2005