Allenarsi per il futuro: “Il vincitore è un sognatore che non si arrende mai”

Press Meeting

Rimini, mercoledì 22 agosto – In Italia ci sono 2 milioni di “NEET”. L’acronimo inglese usato per indicare ragazzi che non studiano non lavorano e neppure lo cercano. Per lottare contro la disoccupazione giovanile, fornire formazione professionale avanzata, creare veri ed efficaci momenti alternanza scuola/lavoro, è nato il pro-gramma “Allenarsi per il futuro”. Progetto realizzato nell’ambito delle responsabilità sociale d’impresa da due grandi gruppi internazionali: “Bosch” e “Randstad”. Al centro delle sue iniziative grandi campioni dello sport italiano. Sono loro i testimonial che offrono ai giovani l’indicazione e l’esempio di come sia possibile scoprire, allenare e fare crescere i diversi talenti di ognuno di noi.
È questo il tema posto al centro dell’incontro di questo pomeriggio “Mini Olimpiadi di Allenarsi per il Futuro” (MeshAREA TALK Intesa Sanpaolo B1). Dibattito a cui hanno partecipato: Stefano Paganini, manager formazione tecnologica Bosch; Lucia Zambon, unit manager Randstad Italia, Pino Maddaloni, oro olimpico di Judo, Mara Santangelo, campionessa di Tennis, Marco Mordente, nazionale e campione d’Italia di pallacanestro.
Come ha ricordato nella sua introduzione Stefano Paganini, Il vincitore è sempre “un sognatore che non si ar-rende mai” e i tre fuoriclasse presenti sul palco hanno testimoniato con il racconto dei loro percorsi umani e sportivi, quanto la frase possa essere priva di retorica e possa raccontare, invece, concrete esperienze di vita.
Mara Santangelo, una carriera tennistica che l’ha vista arrivare la 27° posto del ranking mondiale del singolare e con una quinta piazza di quello di doppio, ha spiegato come abbia sempre dovuto fare i conti con un limite fisico: “Soffro da sempre di una malformazione a un piede e quando avevo 16 mi era stato detto di lasciare il tennis agonistico. Ma il sostegno dei miei genitori, la fiducia del mio allenatore e il sogno che mi accompagnava da quando ero bambina mi hanno dato al forza di andare avanti. Così sono arrivati risultati che non mi sarei aspettata”.
E quanto siano importanti, costanza, allenamento, capacità di accettare i propri limiti e lavorare ogni giorno per superarli, lo ha sottolineato un grande giocatore di basket come Marco Mordente: “Io ho vinto scudetti, sono stato in nazionale, ma ero cosciente di non avere un grandissimo talento. Ero sempre il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andare via. Ho giocato con dei fuoriclasse e io cercavo di occupare lo spazio che loro lasciavano libero in campo. Non ero il più dotato ma nell’anno dello scudetto a Treviso ero un giocatore da al-meno 25 minuti a partita. Un risultato che ho ottenuto con il lavoro”.
Ed è sorprendente la testimonianza offerta dall’oro olimpico di judo, Sidney 2000, Pino Maddaloni: “Può sem-brare strano guardando io mio filmato in lacrime sul podio olimpico mentre ascolto il nostro inno, ma quella non è stata l’emozione più forte della mia carriera. L’emozione più forte l’ho provata ogni giorno quando salivo sul tatami. Per me, nato nella periferia nord di Napoli, quello è il luogo che mi ha insegnato rispetto, sacrificio, lealtà. Qualcosa che da allora mi accompagnano nella mia esistenza ed in ogni cosa che faccio”.

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