Alle radici della crisi. L’equivoco del Sud. Il fulcro sospeso

Press Meeting

“La crisi è sempre una straordinaria occasione di cambiamento perché è in questi momenti che viene fuori il meglio di noi”. Con queste parole Camillo Fornasieri, presidente del Centro culturale di Milano introduce l’incontro nello spazio Eni Caffè letterario alle 11.00 in sala A3 per la presentazione dei libri “Alle radici della crisi. Le ragioni politiche economiche e culturali di un processo ancora reversibile” e “L’equivoco del Sud. Sviluppo e coesione sociale” di Carlo Borgomeo. Sono intervenuti Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud, Maurizio Carvelli, ad della Fondazione Ceur, Mauro Magatti, professore ordinario di Sociologia generale all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà.
Giorgio Vittadini commentando il libro di Borgomeo ha espresso l’idea che il Sud verrà salvato dalle tante opere sociali e di non-profit che già esistono, ossia da una vera sussidiarietà praticata dalla società e dalle istituzioni. Riguardo al tema della crisi – ha continuato – le difficoltà del momento “ci hanno svelato l’illusione che il mondo poteva continuare a crescere all’infinito dal un punto di vista economico, riportandoci alla realtà”.
Borgomeo nel suo libro critica pesantemente le politiche nei confronti del Sud. Politiche inizialmente inesistenti e poi, dal dopoguerra, tendenti a riprodurre al Sud parte dell’industrializzazione del Nord. “Si sono calati dall’alto – ha affermato l’autore – grandi insediamenti ad esempio nel settore siderurgico e petrolchimico senza tener conto affatto del contesto in cui venivano situati. Ma così lo sviluppo non decolla, perché non si tiene conto delle peculiarità di un territorio”. Oggi la politica deve cambiare obiettivi. Se vuole sviluppare il Sud, deve far crescere il capitale sociale, senza del quale qualsiasi sviluppo vero non potrebbe decollare. “Ci vuole un processo lungo – ha continuato Borgomeo – e poi l’intervento dei soggetti del terzo settore che attraverso le loro opere educative, assistenziali e di promozione lavorano per la crescita della comunità”.
Maurizio Carvelli ha spiegato che il libro “Alle radici della crisi” nasce dalla domanda perché “questa tempesta perfetta?” La crisi – secondo Carvelli – è un occasione virtuosa per renderci conto della opportunità che ci si aprivano. La crisi è un problema culturale per cui per affrontarla bisogna parlare il linguaggio della verità. Questo significa, anche all’interno delle imprese, mettere mano alla formazione delle persone.
Per Mauro Magatti la crisi, di cui ci stupiamo, c’è perché “fa parte della vita” e non è “qualcosa a latere che ci colpisce dall’esterno”. Anche la crisi ogni volta ci offre delle opportunità: “Dobbiamo ascoltare quello che la congiuntura attuale ci pone come domanda e come cambiamento”. “Il secolo che si è appena concluso – prosegue l’analisi – ci aveva abituati all’immaginario della libertà, fare quello che mi pare e piace. Questa infinitazione del desiderio ci ha portato alla crisi e adesso proprio la crisi ci chiede cosa vogliamo fare di questa libertà”. Se non coniughiamo libertà e responsabilità personale e collettiva nessuno ci tirerà fuori dai guai.
Alla presentazione del terzo libro “Il Fulcro sospeso. Henri de Lubac e il dibattito intorno al soprannaturale” hanno partecipato l’autore, John Milbank, docente di Religione, politica ed etica all’Università di Nottingham, Andrea Bellandi, docente di Teologia alla Facoltà teologica dell’Italia centrale e Marco Salvioli, docente dello Studio filosofico domenicano di Bologna. Al centro dello studio di Milbank il tema della natura e della grazia. ‘La conoscenza è una cosa semplice’, diceva San Tommaso. E de Lubac ha segnato l’educazione di tante persone ponendosi non come un grande teologo, ma come un uomo appassionato a spiegare ‘la grammatica dell’esistenza cristiana’.
“Il rapporto tra natura e grazia – ha sottolineato Bellandi – rappresenta una dimensione fondamentale del cristianesimo perché ci fa comprendere che il reale nell’uomo diventa autocoscienza del cosmo creato da Dio. È l’uomo che sublima il valore della creazione”. Una natura autosufficiente è alla base della separazione tra umanesimo e religione. E questa separazione costituisce il bunker nel quale l’uomo vive senza ricevere luce dall’esterno. Ma se siamo leali non possiamo non ammettere che il desiderio di Dio è dentro il cuore di ogni uomo. Per questo de Lubac “è fortemente critico con certa teologia falsamente umile che va d’accordo con un mondo autoreferenziale – ha concluso Salvioli – L’uomo supera l’emergenza se lascia spazio al suo desiderio di infinito”. Perché è chiamato a essere partecipe della natura divina. “La realtà è amore – dice Milbank – non è illusione: un dono necessario per comprendere che la natura e la grazia non sono in antitesi“. E tutto si ricompone in una perfezione che è sacramento del creato.

(A.S., P.C.)

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