99. Scienza: l’esperienza umana della scoperta

Press Meeting

È un’occasione eccezionale quella di oggi alle ore 17.00 nell’Auditorium B7. Due premi Nobel per la fisica, quello del 2006 John Mather, senior astrophysicist at the observational Cosmology Laboratory of Nasa’s goddard Space Flight center, quello del 1964 Charles Townes, professore allo Space Sciences laboratory dell’Università della California, Berkeley e il grande paleantropologo Yves Coppens, professor emeritus al collège de France, si confrontano sul tema della conoscenza nella realtà della scienza.
“Non siamo qui a parlare in astratto – entra subito nella questione il moderatore Marco Bersanelli, docente di Astrofisica all’Università di Milano – ma vogliamo vedere dall’interno quale ampiezza della ragione richiede una scoperta scientifica e lo vogliamo scoprire attraverso la testimonianza di chi lo vive in prima persona”. “Qual è il contenuto delle vostre scoperte – chiede Bersanelli ai tre scienziati – che cosa è accaduto e quali fattori le hanno permesse?”
Coppens, scopritore di Lucy, il noto scheletro di ominide rivenuto in Etiopia nel 1974, racconta la sua esperienza: “La scoperta di Lucy, è stata una successione di avvenimenti, o meglio, un avvenimento in successione”. Così racconta il rinvenimento delle prime ossa, giorno dopo giorno, fino all’inaspettata scoperta: “Dopo aver ritrovato 52 ossa abbiamo ritenuto che, per la prima volta, potessero appartenere allo stesso scheletro, un ominide vissuto 3,2 milioni di anni fa. Poi – continua Coppens – il ritrovamento dell’emibacino, che ha fatto ipotizzare fosse una donna, lo studio del peso, delle articolazioni e dei suoi probabili comportamenti. Di avvenimento in avvenimento ogni giorno abbiamo scoperto qualcosa di nuovo”.
Anche Mather si occupa di origine dell’uomo, “ma in modo un po’ diverso”, tiene a precisare lo scienziato che ha misurato il calore del Big Bang. Si supponeva già prima che si fosse verificato 13,5 miliardi di anni fa e che in un diametro di soli dieci centimetri contenesse già tutta la materia dell’universo. Con lo studio del fondo cosmico delle microonde abbiamo confermato l’attendibilità di questa teoria”. Non è tutto: “Abbiamo scoperto che il Big Bang non era omogeneo, uniforme, ma con aree calde e fredde, altrimenti non avremmo potuto esistere”.
Quarantadue anni prima di Mather, vinceva il Nobel per la fisica anche Townes con la scoperta del laser. Ci racconta le prime diffidenze del mondo scientifico, le ironie dei colleghi, le fatiche, le speranze e i tentativi, perché “le scoperte si effettuano in tanti modi, ma chiedono sempre un lavoro tenace e partono dall’esaminare attentamente tutta la realtà”. La conclusione di Townes, al termine del racconto della sua straordinaria esperienza scientifica, sfida la ragione di tutti: “Tante cose si pensano impossibili, ma poi accadono. Spesso la gente non crede alle nuove rivelazioni, invece dobbiamo essere aperti all’esplorazione, perché alla fine l’esplorazione ripaga sempre!”.
Il popolo del Meeting ascolta in religioso (l’aggettivo non è fuori posto) silenzio. Anche il moderatore lo sottolinea: “Se la conoscenza anche scientifica è sempre un avvenimento, chi la comunica è sempre un testimone, soprattutto quando ci comunica la dinamica e il metodo del suo cammino. Anche nella scienza non si può fare un passo reale senza sottomettere la ragione all’esperienza”. I presenti condividono, lo prova l’applauso lunghissimo e caloroso tributato a tre grandi scienziati, ma anche tre testimoni che sono andati fino in fondo alla realtà che avevano di fronte a sé.

(G.P.M.)
Rimini, 25 agosto 2009