92. Invito alla lettura: “L’ineludibile questione di Dio” di Pietro Barcellona e Francesco Ventorino

Press Meeting

“L’ineludibile questione di Dio” è un libro che nasce dall’amicizia e dall’incalzare della domanda sul senso della vita che tra don Francesco Ventorino (don Ciccio) e il filosofo Pietro Barcellona continua ad essere il filo conduttore del rapporto.
“Nella nostra società viene attuata una riduzione di parole come dolore, desiderio, felicità, senso e dell’esperienza che esse indicano”, afferma nell’introduzione dell’incontro Camillo Fornasieri, presidente del Centro culturale di Milano. “Questo libro si riappropria del significato di quelle parole e affronta il problema del bene e del male, del dolore e della gioia. L’amicizia tra don Ciccio e il professor Barcellona è reale perchè è imperniata sulla ricerca della verità”.
È seguita la presentazione da parte di don Stefano Alberto (per molti più noto come don Pino), docente di Introduzione alla teologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, che ha esordito dicendo “questo non è un libro facile, chiede attenzione e partecipazione, sfida subito il nostro desiderio, la nostra libertà, il nostro interesse, se vogliamo imparare qualcosa. Ed è un libro strano perché è difficile trovare due persone che si mettono in gioco per un’esigenza di paternità, prendendo la vita molto sul serio, attenti al destino dell’altro. Ciò di cui uno vibra diventa domanda per l’altro”.
Don Pino ha spiegato che il libro è composto di due parti; si tratta di due saggi distinti ma convergenti: l’uno “Chi ha bisogno di Dio?” del professor Barcellona, l’altro “O Dio o il niente” di don Ciccio Ventorino. Il teologo siciliano risponde alla domanda sul senso ultimo della vita, del dolore, della morte affermando: “Ho cercato di ricreare un popolo in cui la singola persona fosse presa sul serio”. Di Barcellona don Pino sottolinea che “tutto è nascosto nel pudore di una storia, ma l’essere stato partecipe di una sofferta vicenda di popolo, quello comunista, vissuta come esigenza di verità, ha fatto sì che tale esigenza sia rimasta dentro e attenda una risposta”.
“Il potere riduce le domande sull’io, sul senso della vita, su Dio, confinandole nel panteismo o nel nichilismo – è stata l’osservazione di Stefano Alberto – don Ciccio, in questa era post-positivista, in cui tutto è calcolato ed anche il valore di me è calcolabile, affronta la questione attraverso il rapporto tra ragione ed esperienza. Il percorso di Barcellona, invece, è più oggettivo: Dio è un’interrogazione quotidiana ed un incontro improvviso. Se non fosse un incontro ma un ragionamento, non sarebbe possibile l’affettività, l’unica consona all’uomo; mentre, invece, non è possibile conoscere se non ciò che si ama e non si può amare se non ciò che si conosce.”
“Siamo sempre in una condizione di attesa”, è stato l’esordio del filosofo, che ha raccontato di essere stato un comunista convinto e di avere vissuto in una “prospettiva messianica” aspettando la città perfetta in questo mondo. Dalla delusione drammatica derivata dalla caduta dell’ideologia all’appassionarsi al problema di Cristo, in cui si trasforma il problema di Dio, e del suo ritorno: questo il suo percorso umano. “La sofferenza è la sola possibilità di provare anche la gioia”, è stata la sua conclusione.
“Il professor Barcellona pone delle domande inquietanti – riprende il filo don Ventorino – Dopo avermi detto di essere stato comunista e di non credere più in questa ideologia, mi ha chiesto se c’è ancora ciò per cui ho vissuto sinora. Questa domanda e la nostra amicizia mi costringono a ritrovare le ragioni della fede, che ha sostenuto e sostiene la mia vita e a comunicarle, ma anche a far vedere come anche per lui c’è ancora quella domanda di giustizia per cui aveva vissuto e che è l’istanza di una giustizia più grande di quella a cui gli uomini possono dare una risposta. La questione di Dio è la questione del nostro destino e senza l’attesa del ritorno di Cristo non avrebbe senso il nostro domandare, il nostro aderire, il nostro soffrire, il nostro peregrinare”.
C’è da credere – i relatori stessi vi hanno accennato – che non sarà certamente l’ultima puntata di questo dialogo appassionante.

(A.M.)
Rimini, 26 agosto 2009