89. Un impiego per ciascuno. Ognuno al suo lavoro, l’Italia e la crisi

Press Meeting

“La crisi ha costretto tutti noi a cambiare in qualcosa” con queste parole Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà ha introdotto l’incontro sulla crisi e l’Italia a cui hanno partecipato il presidente di Generali Group Cesare Geronzi, Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera ed Emma Marcegaglia, presidente Confindustria. Per Geronzi è la prima esperienza al Meeting, per Marcegaglia la prima nelle vesti di presidente degli industriali.

Cesare Geronzi ha ricordato che la sua presenza al Meeting è stata determinata dall’amicizia con don Giussani nei primi anni Ottanta. In questi incontri don Giussani colloquiava con il maestro e amico di Geronzi, Guido Carli. “La mia presenza – ha continuato il presidente di Generali – è un gesto di riconoscenza per quella amicizia”.

Sollecitato da Vittadini sul tema, il manager si è soffermato sulla crisi finanziaria e sulla tempesta innescata dalla Grecia, affermando che le cause vanno ricercate nella “distorsione profonda dei valori ai quali guardano parti della società in varie aree del globo, finendo con il porre in primo piano l’arricchimento facile e la prevalenza dell’avere sull’essere per l’isterilirsi della visione dei fini della vita”.

La ricetta è quella di una “metanoia della finanza”, una vera e propria riforma intellettuale e morale. Lo si è visto – continua il finanziere – nella difficoltà ad introdurre nuove regole a livello internazionale. “Non è stato possibile riformare il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, mentre sarebbe necessario un organo che sovrintenda alla liquidità internazionale per limitare le crisi sistemiche”.

Il presidente di Generali ha poi introdotto il tema del calo demografico e della solidarietà intergenerazionale. “Dobbiamo guardare al futuro, non possiamo più vivere a spese delle nuove generazioni. Occorre un modello di contrattazione e di rapporti di lavoro che dia maggior stabilità di prospettive all’impiego dei giovani ma nel contempo leghi tali prospettive alle sorti della produzione”. Secondo Geronzi lo sviluppo del terzo settore sarà strategico nell’avvenire “per offrire quei servizi legati all’allungamento della durata della vita che non potranno essere più garantiti dallo stato e quindi richiederanno nuove forme di welfare”. Inoltre – ha ricordato il relatore – l’introduzione di un federalismo cooperativo costituisce una cruciale innovazione per il paese, perché “occorre dare concretezza al principio di sussidiarietà partendo dal mondo del credito e della finanza”.

“Nella crisi c’è un ‘kairòs’, un’opportunità che dobbiamo saper cogliere” ha così concluso.
Emma Marcegaglia nel suo intervento si è espressa sulla crisi e sull’attuale momento politico senza remore e con la proverbiale grinta. “Non è questo il tempo dell’attesa e del vivacchiare, non è il tempo delle accuse reciproche e delle contumelie su fatti personali, che non interessano a nessuno, ma è il tempo delle riforme da intraprendere con decisione”.

E giusto per non rimanere nel vago sul tema delle riforme, alle domande incalzanti di Vittadini, la presidente degli industriali ha risposto che anzitutto occorre aumentare la produttività per aumentare la competitività. Presupposto indispensabile è “cambiare le relazioni sindacali e riformare gli assetti contrattuali, legando il salario alla produttività ed al merito”. Emblematico da questo punto di vista il caso Fiat di Pomigliano d’Arco e Melfi, rispetto al quale Marcegaglia ha difeso l’operato dell’azienda torinese, al di là della questione al vaglio della magistratura.

Altri ingredienti della ricetta proposta sono “gli investimenti in infrastrutture, sia nel settore pubblico che in quello privato, sulla base di regole chiare, una riforma fiscale complessiva (soprattutto in tema di Irap), sia pure con gradualità e il ridisegno del confine tra Stato e mercato, evitando la concorrenza sleale delle imprese di stato e riducendo gli sprechi”.

Marcegaglia ha poi insistito sulla necessità di attuare il federalismo fiscale e di investire nel capitale umano e nella ricerca, “attuando il criterio del merito, sia in relazione ai discenti che ai docenti”. Insomma, un’agenda riformista completa. È la medesima agenda che sta attuando la classe politica? “Giudicheremo il governo sui fatti”, è la risposta, “certamente le riforme non andranno in porto se si continuerà a litigare come avviene in questi giorni”.

Maurizio Lupi ha poi affermato che le polemiche politiche di questo periodo sono incomprensibili perché “non riguardano i fatti o le cose da fare, come succede in questo Meeting, ma solo storie personali che non interessano il popolo, che ha ben altro cui pensare. Purtroppo però – ha osservato – in televisione e nei telegiornali trovano spazio solo le polemiche dei vari leader”. All’agenda proposta da Marcegaglia, Lupi ha risposto con le ultime iniziative messe in cantiere dal governo. “Parlo del decreto attuativo sul federalismo fiscale che adegua ai tempi nuovi l’assetto istituzionale del paese ridando responsabilità ai poteri periferici – ha esemplificato – o anche della cedolare secca al 20 per cento sugli affitti che permetterà l’emersione del nero e porterà alla regolarizzazione di molte posizioni”.

Il vicepresidente della Camera ha accennato anche alla semplificazione con la Dia (dichiarazione di inizio attività) e allo statuto delle piccole e medie imprese, “altri strumenti che vanno nella direzione delle riforme” e ha ricordato che la burocrazia in Italia costa alle imprese l’uno per cento di Pil, pari quasi ad una manovra finanziaria.

“Il problema più urgente – ha continuato il parlamentare – è la mancanza di pensiero, è questo il vero dramma della politica. Senza un giudizio vero per cui uno è stato chiamato a svolgere una certo compito la politica diventa autoreferenziale. Invece noi siamo stati educati a partire dalla realtà, per cui il metodo è imposto dall’oggetto”. L’uomo, secondo Lupi, deve sfidare la realtà perché ne emerga il positivo “e così io affronto il bisogno che ho davanti e non mi aspetto che altri mi risolvano il problema”. Il boom industriale degli anni Sessanta è stato possibile, ha ricordato, grazie a banche che guardavano l’imprenditore e la sua storia non solo per i numeri che la sua impresa esprimeva (che spesso neppure c’erano) come invece vorrebbero i criteri di Basilea.

Per concludere l’intervento, Lupi ha preso a prestito una fase del governatore della Banca d’Italia Mario Draghi: “Se perdi il denaro puoi sempre concludere un buon affare; se perdi l’onore puoi sempre compiere una azione valorosa; se perdi il coraggio hai perso tutto”.

(A.S., A.M.)
Rimini, 25 agosto 2010