800 anni in Terrasanta. Un’eredità viva ora

Press Meeting

Rimini, 20 agosto 2017 – «Parlare oggi dei francescani in Terrasanta è affermare che la voce di un uomo, san Francesco, ci raggiunge ancora dopo otto secoli». Così Roberto Fontolan, responsabile del Centro Internazionale di Comunione e Liberazione e docente nel master di giornalismo dell’Università Cattolica di Milano, apre l’incontro delle 17 con Francesco Patton, attuale custode di Terra Santa. Quello che Fontolan ha appena detto diventa immediatamente esperienza, perché Patton saluta con le parole del santo le oltre 1500 persone presenti in Sala Illumia C3: «Il Signore vi dia pace». Il francescano ringrazia dell’invito che lo onora, come la collaborazione alla mostra che evoca la memoria di 800 anni di presenza. Spiega che quando si parla di Terra Santa «parliamo della memoria dei luoghi e nei luoghi».
Nello schermo gigante appare la foto di una processione che attraversa fisicamente i luoghi percorsi da Cristo: «Pensate che emozione avrà avuto san Francesco nei luoghi di Gesù, lui che voleva seguire le Sue orme. Tanto che al ritorno lascia un capitolo su come i frati devono vivere: in mezzo alla gente, senza polemiche, con un’identità chiara, con l’annuncio esplicito quando i tempi sono maturi, sapendo che hanno già consegnato la propria vita a Dio». Ovvero avendo già contemplato il martirio. Fatto non ipotetico bensì reale, dato che sono già 2mila i francescani della Custodia morti durante il servizio alla carità. Quelli presenti oggi sono 270, da 40 nazioni, 70 i santuari e in 50 ci abitano: «Sono casa nostra. È importante tenerli vivi, accogliere i pellegrini. Non siamo portinai che si limitano a tenere aperto il cancello della Chiesa. Riguadagniamo i luoghi non nella misura in cui li occupiamo, ma in quella in cui li viviamo con lo sguardo al Mistero, lasciandoci interpellare dal loro contenuto».
Attorno ai santuari si sono sviluppate scuole, opere a servizio della gente: occasioni per vivere insieme tra cristiani, ebrei e musulmani, «un servizio che va riguadagnato con una grande prospettiva di sviluppo», afferma Patton, mentre sullo schermo passano le foto di una suora che assiste un’anziana a letto, quella di un frate con in braccio un neonato. «Non è filantropia », sottolinea il frate, «ma seguire san Francesco, a servizio di tutti per amore di Dio». La certezza di essere figli dello stesso Padre ha come frutto il dialogo, l’unico antidoto alla lotta di civiltà: «Il Santo Sepolcro», descrive, «è un condominio dove più soggetti devono vivere insieme e bene».
Roberto Fontolan aspetta che finisca il lungo applauso e chiede a Patton com’è stato l’impatto con quella terra così complessa: la custodia di Terrasanta comprende Giordania, Libano, Siria, Cipro, Rodi, Egitto. «Occorre amare la complessità della realtà. Altrimenti vogliamo ridurla, tagliarla». Fontolan incalza: «Una persona mi ha detto che in quella terra c’è un eccesso di religione, c’è una tensione». Può essere tensione o occasione, replica Patton e aggiunge: «Non ritengo ci sia troppa religione in Terrasanta, casomai ce n’è troppo poca in Europa». Nel ricordare la tragedia della Siria che ha visto 300mila cristiani diventare appena 30mila, Fontolan chiede se il futuro dei cristiani in Terrasanta sia una parabola giunta al termine. Patton è certo nel rispondere: «Chi conosce il futuro è Dio. I cristiani spariscono da alcuni luoghi ma riappaiono in altri: se ne contano milioni in Arabia Saudita e nella Penisola araba. Quando c’è la sofferenza la viviamo dall’interno, ma non sappiamo come Dio conduca la storia».
(D.T.)

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