72. I cristiani nel mondo arabo

Press Meeting

“Proprio perché non siamo nessuno, noi siamo protagonisti”. Ribaltando così il titolo del Meeting Paul Hinder, vicario apostolico per l’Arabia, descrive la situazione dei cristiani negli Emirati Arabi dove vive e svolge la sua missione apostolica di Vescovo. Forse ci si aspettava una personalità pronta ad infiammarsi nel raccontare tutte le difficoltà e le conquiste che in questi anni hanno caratterizzato la vita delle comunità cristiane nel complesso mondo arabo. E invece Mons. Hinder sorprende per la pacatezza con la quale spiega come sia vero che lì manca il concetto stesso di libertà individuale, ma ciò che è fondamentale è accostarsi a questa realtà avendo innanzitutto chiaro che “è un mondo di fede; per i musulmani la fede è parte integrante della vita”.
La sua diocesi è la più grande del mondo, nella grande Dubai c’è solo una chiesa, e si dice preoccupato per i limiti entro cui possono svolgere le attività di culto. Nonostante questo, ciò che il vicario è venuto a testimoniare al Meeting, è la gioia di essere protagonisti proprio perché così piccoli all’interno del grande mondo arabo. Ha voluto iniziare l’incontro mostrando le foto delle celebrazioni all’ inaugurazione di una chiesa con migliaia di persone in festa.
E migliaia sono anche le persone che affollano tutte le messe della Settimana Santa e seguono la croce durante la via crucis. Gli preme sottolineare che fuori dalla chiesa ci sono i fogli con l’elenco delle messe perchè celebrate in più di dieci lingue e che ad ogni ora i fedeli affollano la cattedrale. Non gli interessa soffermarsi sul fatto che la nuova chiesa non è riconoscibile dall’esterno e non pone l’accento sul fatto che devono far tutto a bassa voce o non parcheggiare davanti al cancello di un musulmano per non arrecare disturbo. Anche quando Roberto Fontolan, direttore del centro internazionale di Comunione e Liberazione che modera l’incontro, gli chiede cosa ne pensa della reciprocità di cui si è tanto parlato riguardo alla costruzione di chiese e moschee, lui risponde così: “è un errore insistere sulla reciprocità in senso matematico. Non si possono imporre democrazia e diritti come li conosciamo noi, perché sono frutto di un percorso che non è detto sia quello che devono fare gli Emirati Arabi”.
“Non possiamo prescindere dal dialogo interreligioso – continua – e in questo dialogo dobbiamo rifarci alla nostra tradizione in cui l’uomo, per la sua dignità, è uguale davanti a Dio. Su questa base si può chiedere che sia permesso, alle migliaia di stranieri che lavorando hanno prodotto il miracolo economico di questi paesi, di esercitare liberamente e pubblicamente il proprio credo”.
Con l’umiltà che caratterizza i Cappuccini, ordine cui monsignor Hinder appartiene, riprende una regola cara a san Francesco, per cui solo “quando vedessimo che piace al Signore, annunciamo la parola di Dio”. Il religioso ritiene sia necessario risolvere il conflitto israelo – palestinese che condiziona tutti i rapporti con il mondo musulmano che anche lui intrattiene; sostiene che purtroppo è possibile che venga a mancare la presenza dei cristiani in luoghi come l’Iraq dal quale le comunità stanno fuggendo. “Aspiro ad avere la possibilità di costruire chiese nella mia diocesi ed a maggiore libertà, ma tutto ciò deve essere risolto e perseguito nella comprensione reciproca e nella convinzione che Dio stende sempre la sua mano e ci protegge, ed è dunque necessario guardare a Lui”, che non mancherà di far arrivare anche per i cristiani del mondo arabo il momento di annunciare con maggiore libertà la parola di Dio.
Rimini, 26 agosto 2008
(A.P.)