71. Dati dal cielo, per riportare il mondo al cielo. I Portoghesi nel tempo delle scoperte (1415-1580)

Press Meeting

In sala B7 ha avuto luogo l’incontro di presentazione della mostra sui portoghesi nel tempo delle scoperte durante il periodo 1415-1580. Don Stefano Alberto, docente di introduzione alla teologia all’Università Cattolica di Milano, ha raccontato un episodio personale. Un giorno, trovandosi sulla riva dell’oceano in Portogallo con alcuni amici, immerso nel silenzio, padre Joao Seabra, responsabile di Comunione e Liberazione in Portogallo e relatore di questo incontro, ha citato dei versi di Pessoa sui sacrifici dei viaggiatori portoghesi dei quali uno diceva ‘tutto vale la pena se l’anima non è angusta’. “Mi sono reso conto che il mio cuore non è angusto – ha detto don Alberto – ma è fatto per un desiderio di bene, di felicità e di bellezza, per un destino grande. La storia viene scritta dai vincitori e pochi conoscono ciò che è accaduto a partire dal 1415 grazie ad un popolo che aveva il gusto per la scoperta e ha tracciato rotte nuove e fondamentali che hanno permesso di aprire il mondo. Senza di loro tutta la storia sarebbe stata diversa. Lo scopo della mostra è descrivere ciò che hanno compiuto questi uomini e che cosa li abbia mossi in questa avventura”.
Padre Joao Seabra ha effettuato una mirabile e appassionante descrizione storica, molto dettagliata, dei principali personaggi che hanno guidato e favorito le spedizioni portoghesi nel quindicesimo e sedicesimo secolo e ha descritto le maggiori scoperte effettuate e le azioni svolte nei territori visitati. “I portoghesi si sono insediati in molte isole dell’Atlantico, popolato città africane, sono andati in India, hanno circumnavigato l’Africa, hanno popolato il Brasile e sono giunti in Asia, incontrando una moltitudine di popoli e culture diverse: uno storico ha definito il Portogallo di quei tempi il primo villaggio globale”. Padre Joao ha descritto in modo chiaro il ruolo decisivo avuto dalla Chiesa e dagli ordini religiosi, (come i Templari e l’Ordine di Cristo che li ha sostituiti dopo il loro smantellamento) nella promozione e nello sviluppo delle spedizioni portoghesi.
Altra figura fondamentale è stata quella di Enrico il Navigatore, che a partire dal 1416 con la conquista di Ceuta diede inizio al periodo più importante delle scoperte portoghesi, che hanno portato all’evangelizzazione di molti popoli. In quegli anni fu oltrepassato Capo Bojador, il punto più meridionale della costa dell’Africa conosciuto in Europa, fatto che ribaltò tutte le precedenti errate supposizioni geografiche. Altre figure importantissime per le scoperte portoghesi furono il re Giovanni II, che fece sua l’attenzione del prozio Enrico il Navigatore verso le spedizioni di scoperta, in particolare verso Africa e India e re Manuel I, sotto il quale ebbe luogo l’importante spedizione di Vasco da Gama che arrivò in India (in realtà programmata ai tempi del re Giovanni II). Padre Joao infine ha raccontato alcuni esempi della dedizione alla scoperta e della fede che ha mosso i portoghesi nelle loro spedizioni, spesso fino alla morte come nel caso di un intero equipaggio che si è sacrificato nel tentativo di portare il messaggio cristiano in Brasile o dell’evangelizzazione della Cina.
Henrique de Sousa Leitao, ricercatore al Centro di Storia delle scienze all’Università di Lisbona, ha descritto le caratteristiche principali della mostra. “È importante presentare questa mostra al Meeting da una parte per una gratitudine verso l’Italia, che è stato il Paese che più ha valorizzato e divulgato le scoperte portoghesi e le ha riportate nelle carte geografiche e dall’altra perché per comprendere ciò che ha mosso i portoghesi nelle loro scoperte non basta una spiegazione razionale, non è sufficiente, c’è dell’altro che li ha guidati in questa loro mossa, altro che i visitatori del Meeting possono capire e comprendere bene”.
Leitao ha precisato che la mostra ha delle limitazioni ben precise, che sono il periodo storico considerato (1415-1580) e il fatto che vengono trattate solo le scoperte portoghesi e non quelle di altri popoli (per motivi pratici). “Il Portogallo presenta poi delle peculiarità, come ad esempio la scarsità di risorse e di uomini a disposizione che non hanno però impedito l’organizzazione delle spedizioni e tutto ciò che da esso è derivato. Importantissimo è sempre stato anche il sentimento religioso che ha mosso quegli uomini”. Anche Leitao si è soffermato su alcuni momenti cruciali delle scoperte portoghesi (come la circumnavigazione del Sudafrica che ha ribaltato tutta le credenze storiche precedenti) e sull’importanza dell’incontro che i portoghesi hanno avuto con altri popoli, “fatto di enorme portata storica”. “L’aspetto centrale delle scoperte portoghesi è stata l’apertura universale della terra nella sua globalità, e questo è avvenuto con spedizioni che non erano basate sulla sopraffazione e sulla violenza (che episodicamente è avvenuta), se non altro per l’esiguo numero di uomini a disposizione per questi viaggi”. Per la riuscita di tutte queste scoperte “è stata cruciale la cultura cristiana portoghese, per la quale tutti i limiti presenti (di risorse, conoscenze, uomini, etc.) non erano visti come invalicabili, ma al contrario come punto di partenza per nuove scoperte”.
Concludendo l’incontro don Stefano Alberto ha invitato tutti i presenti ad andare non solo a visitare la mostra, ma a guardarla con attenzione (ad esempio le numerose carte geografiche presenti) per rendersi conto che cosa hanno comportato le scoperte portoghesi nella storia. “All’inizio di un’epoca che ha cercato di estrapolare Dio dalla storia e dalla vita, grazie a questo piccolo popolo è potuta sopravvivere la tradizione medievale, il gusto per la scoperta e la conoscenza – ha detto don Alberto – e questa avventura è quella che tocca a ciascuno di noi, che siamo fatti per il mondo. Protagonista è colui che obbedisce alle circostanze alla luce del disegno di un Altro”.

(M.C.)
Rimini, 26 agosto 2008