59. Dal carcere una domanda che riguarda tutti

Press Meeting

“Quanto è successo con la mostra del Meeting 2008 Libertà va cercando ch’è sì cara. Vigilando redimere ha creato un movimento impensato di rinascita della persona, dai carcerati, agli agenti, fino a noi operatori della cooperativa”. Con queste parole, Nicola Boscoletto, presidente del consorzio sociale Rebus di Padova, da anni impegnata nell’opera di reinserimento sociale dei detenuti attraverso il lavoro, ha ringraziato tutti, dal sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, all’ultimo educatore penitenziario, presenti alla conferenza stampa tenutasi alle 14.15 al bar “Dai Carcerati”, nel settore B4 del Meeting di Rimini. Sono intervenuti Franco Ionta, capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. L’opera di reinserimento attraverso il lavoro del consorzio Rebus avviene attraverso la gestione di numerose attività: dalla ristorazione, che vede la pasticceria del carcere primeggiare con la produzione del panettone Giotto (premiato a livello nazionale), al montaggio di gioielli per la Morellato, di biciclette per l’Esperia, di valigie per la Roncato, fino all’attività di call center per l’azienda ospedaliera di Padova. Al bar “Dai Carcerati” del Meeting di Rimini, il consorzio è presente con dodici detenuti, una decina di agenti e una cinquantina tra operatori e volontari. “Con l’esperienza del Meeting dello scorso anno, i carcerati hanno visto che la loro vita poteva recuperare un valore, un senso e questo si è visto soprattutto col rientro in carcere: è nato un gusto del vivere che ha colpito tutti. Numerose città d’Italia, e non solo, hanno ospitato e continuano ad ospitare la mostra”. Così Boscoletto documenta il “positivo” che ha riportato al Meeting la presenza dei detenuti di Padova. Prendendo spunto dall’angolo dello spazio del bar appositamente allestito per i più piccoli, Boscoletto si riferisce alla semplicità disarmante del bambino che non giudica, ma pone una domanda di senso e che può mettere in evidenza ciò che accomuna la popolazione del carcere: il desiderio di essere felici, uguale per tutti, per il ladro, per l’assassino, come per chi sta dall’altra parte. “Nessuna riforma perfetta può risolvere il problema delle carceri, se dietro non c’è un uomo, un io. Per risolvere il problema delle carceri è necessaria la semplicità del bambino”. Franco Ionta riferisce che per la prima volta, in questi giorni, molti parlamentari hanno visitato le strutture penitenziarie di alcune città. Il fatto è una testimonianza dell’urgenza sociale del problema penitenziario. “Un detenuto che lavora, probabilmente non delinque più. Senza il lavoro, l’uomo si riduce a bestia”. Con queste parole il capo del Dap apprezza la presenza di tanti che dimostrano sensibilità verso il problema del carcere, problema che non si può pensare di risolvere solo attraverso l’inasprimento delle pene. “Visitare i carcerati è una delle opere di misericordia corporali indicate dalla Chiesa”. Vittadini ribadisce che non si è trattato di un progetto, ma tutto è stato frutto di incontri che hanno portato a un’amicizia stabile tra uomini, una fratellanza che richiama la vita delle prime comunità cristiane, considerato poi che “molti dei primi cristiani sono stati dei carcerati, come anche Pietro e Paolo”. L’esperienza della Rebus è un fatto: una possibilità di cambiamento per il bene di tutti che ci costringe a chiederci: “Se si moltiplicano fatti del genere, per le carceri italiane è un bene o no?”. Nel saluto iniziale, il senatore Caliendo aveva definito l’esperienza del consorzio sociale Rebus un eccellente indicatore per tutti del positivo rapporto possibile tra società civile e mondo carcerario.
(G.L.)