160. La natura è desiderio di senso

Press Meeting

Non è mancato nella trentunesima edizione della kermesse riminese l’ormai tradizionale incontro filosofico. Il problema della vita, filo rosso di molti incontri di questi giorni, è stato il cuore del dibattito tenuto in sala Neri il 27 agosto. Quest’anno per la prima volta è intervenuto Olivier Rey, matematico e filosofo, che insegna all’Università Panthèon-Sorbonne. Il matematico si è voluto confrontare con la figura di Cartesio, uomo non solo di scienza ma anche di filosofia. E, a sorpresa, di religione.
Di contro alla comune tradizione che vede in Cartesio il padre del razionalismo e creatore del dio filosofico, Rey ribatte mostrando che “Dio non è facoltativo nel pensiero cartesiano, senza di Lui la vita non ha senso”. Solo l’esistenza di un Dio buono garantisce validità alle scoperte del nostro intelletto, dando così valore di verità anche alle intuizioni scientifiche. La scienza è prodotto dell’uomo, ma è un Dio buono a fornirci l’intelletto e a renderci certi di scoprire la verità e non errori. “L’io pensante pare essere il fondamento di tutto, ma l’“io penso” esiste solo in quanto creato da Dio”. Dio è l’origine dunque di quel cogito ergo sum al quale si appellano i positivisti per tentare di dimostrare che Dio, l’anima, la libertà e qualsiasi questione metafisica sono mere costruzioni culturali. Descartes rappresenta perciò una tappa, seppur imperfetta, fondamentale nella scoperta del vero: “È un passaggio assolutamente necessario. La verità infatti non può essere separata dal cammino che porta ad essa”. Come l’Antico Testamento per il Nuovo: non sarebbe potuta avvenire l’Incarnazione subito dopo la caduta dall’Eden.
“Il darwinismo sociale – spiega il secondo relatore Eugenio Mazzarella, docente di filosofia teoretica all’Università degli studi di Napoli – ha portato a credere che la superiorità dell’uomo sulle altre specie sia dovuto a un superstizioso pregiudizio specista, come sostiene Peter Singer”. Ci siamo dunque autoproclamati “esseri speciali”? La vita di un animale sano ha maggior senso di quella di un uomo malato? Queste domande (purtroppo) non sono retoriche, ma costituiscono il terreno di scontro del dibattito tra biologia e filosofia.
“Quello che stabilisce ciò che è e ciò che non è, non può essere una decisione sociale ma è compito proprio dell’ontologia”. È nella biologia che ritroviamo un’urgenza di senso e, d’altro lato, la domanda di senso è condizione fondamentale per la conoscenza anche biologica. Il riduzionismo operato dalla biologia evoluzionista vuole eliminare dalla sfera naturale la domanda di significato propria dell’essenza umana, punto di distinzione tra la vita degli uomini e quella animale. La vita diventa così un’eccezione nello sterminato campo di esseri inanimati. Non va spiegata la morte, condizione normale del viver nostro, ma lo “scandalo della vita”. Una “rassicurante polizza sulla vita”, forse. Ma non basta a saziare “lo sguardo dell’uomo che anela all’infinito”.
Mazzarella osa un passaggio ulteriore: “Il desiderio cristiano è innanzitutto desiderio di relazione. Non vogliamo incontrare le stelle, vogliamo incontrare qualcuno”. Siamo in cerca di un’eternità che sia personale, “essere per qualcuno e con qualcuno”. La grandezza umana dunque non è una chiusura egoistica ma apertura al Mistero che si fa incontrare in un rapporto.
Moderatore dell’incontro è Costantino Esposito, docente di Storia della filosofia all’Università di Bari. “La sfida che ci spetta è quella di capire qual è la vera vita che tenga conto di tutti i fattori emergenti nella nostra esperienza”. Una vita meccanicamente intesa, scevra delle sue domande metafisiche e svuotata della libertà, resta schiava del potere che “pretende di determinare la vita ritenendola priva di senso”. Scienza e filosofia non sono in contrasto ma cooperano al medesimo scopo poiché l’orizzonte di senso della vita è già nel livello biologico: “Nelle stesse pratiche scientifiche si può riconoscere che la vita ha senso”. Che le cellule abbiano al loro interno un programma chimico specifico non è la prova del fatto che l’io è un prodotto meccanico, piuttosto conferma che la vita richiede senso. Anche le singole cellule.
Le parole del poeta Paul Claudel, citate dal professore barese, suonano come un invito per scienziati e filosofi: “Forse che il fine della vita è vivere? Non vivere, ma morire e dare in letizia ciò che abbiamo”.

(E.M.)
Rimini, 27 agosto 2010