143. La speranza ai confini dell’umano

Press Meeting

Alla fine dell’incontro, la sorpresa ha commosso e dato concretezza alle parole sentite. Quattro ospiti del Villaggio San Michele Arcangelo, in provincia di Macerata, hanno eseguito con chitarra, violino e viola e due voci, “Troppo perde il tempo” lauda medievale del Laudario di Cortona su testo attribuito a Jacopone da Todi. Quasi a conferma che vivere e proporre “La speranza ai confini dell’umano” fa ricrescere il gusto del bello in ogni uomo, per quanto provato. Protagonista dell’incontro, nella sala B7 alle 11.15, era José Berdini, coordinatore responsabile dei Centri terapeutici della cooperativa Pars. La sua testimonianza peraltro è stata supportata da un video sulla vita al Villaggio e dall’intervento di Giovanni e Stefano che hanno raccontato le loro storie drammatiche.
Alberto Savorana, introducendo l’incontro, ha insistito che essere ai confini dell’umano significa trovarsi in una situazione in cui le fatiche e i disastri dell’esistenza paiono affondare ogni residua speranza. La prova ne sono le storie di Giovanni e Stefano, diversissime. Uno ha vissuto la disperazione dentro un’esperienza lavorativa di successo rovinata dalla cocaina. L’altro – ancora un ragazzo – che ha vissuto il tunnel della droga da utilizzatore e spacciatore fin da minorenne. In comune l’aver incontrato persone che li hanno presi per mano ed accompagnati. Ma anche l’essersi lasciati prendere per mano.
Anche l’esperienza di José ha i connotati del tunnel della droga. Ma si definisce “uno dei fortunati che nel 1984 ha avuto la grazia di essere preso di forza da mio padre, che contro tutto e tutti mi condusse di peso in comunità da don Gelmini”. Dove la sua vita ebbe un cambiamento radicale. Berdini ricorda come in quegli anni alle comunità di recupero come quelle di don Gemini (“una delle realtà più affascinanti e vere del nostro Paese e che la Chiesa cattolica nel genio di don Gelmini ha saputo esprimere”) anche lo Stato fu di grande aiuto, consapevole che i giovani andavano verso l’autodistruzione ed avevano bisogno di luoghi dove imparare a seguire. Successivamente è nata la “teoria della riduzione del danno”, generando generazioni di giovani schiavi dei farmaci e di adulti illusi che con le droghe si può convivere. E fra gli effetti di questa teoria, Berdini ricorda la crescita dei problemi di natura psichiatrica, gli incidenti stradali e “in generale l’odio alla vita, ben rappresentato dai rave- party”.
Ma cosa è e come si vive nel Villaggio San Michele Arcangelo? “Io credo che dentro la nostra limitatezza noi rappresentiamo il futuro – afferma sicuro – perché il nostro sistema non si basa su personalismi o ‘su sistemi talmente perfetti che nessuno avrebbe più bisogno di essere buono’ ma sul presupposto che nell’esperienza di comunione, nel vivere insieme, si partecipa di un Essere che fa tutte le cose”. Perché il problema della nostra società è la rimozione sistematica, voluta (e resa cultura dal Potere) del fatto che l’uomo è continuamente creato e dipendente dal Creatore.
Come ultimo punto, Berdini ha voluto ribadire l’amore alla Chiesa e l’obbedienza al Papa e concludere ricordando una frase: “Don Giussani dice che l’uomo è maturo quando vuole costruire una storia e un’esperienza diventa storia quando non può essere fermata dal Potere. Noi non abbiamo paura di nulla perché Gesù Cristo è risorto”.

(G.B.)
Rimini, 28 agosto 2009