120 Camici o pigiami: l’assistenza a domicilio in Italia

Press Meeting

In teoria non sarebbe uno degli incontri che attirano migliaia di persone quello dal titolo “Camici o pigiami: l’assistenza a domicilio in Italia”, ma suscita ugualmente un grande interesse, perché la sala A2 alle ore 11.15 è strapiena, e probabilmente non solo di addetti ai lavori ma di tante persone che vivono come destinatari l’esperienza dell’assistenza a domicilio.
Il numero dei relatori è da record: Sandro De Poli, presidente General Electric Healthcare Italia; Carlo Lucchina, direttore generale della Sanità della Regione Lombardia; Luca Munari, direttore generale di Sapio Life; Marina Panfilo, pubblic affairs & regional access director di Pfizer Italia; Luciano Riboldi, presidente della Fondazione Maddalena Grassi. A questi, non previsto dal programma si è aggiunto Mario Melazzini, il medico malato di Sla, presidente nazionale dell’Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) e direttore scientifico del centro clinico Nemo della Fondazione Serena dell’Azienda ospedaliera Niguarda per la ricerca e la cura delle malattie neuromuscolari di Milano, presente al Meeting già in diverse occasioni.
Ha introdotto Marco Bregni, presidente dell’associazione Medicina e Persona, presentando due concetti: cioè che “desiderare cose grandi”, secondo il titolo del Meeting di quest’anno, incide sulla professione medica e, in secondo luogo, che un’assistenza a domicilio non può rinunciare alla tecnologia presente negli ospedali. Ha quindi chiesto ai relatori quali sono le novità, nei rispettivi campi, che riguardano questo tema.
Luciano Riboldi ha esordito rivelando che quando ricevette l’invito del Meeting si era sentito inadeguato perché la “Maddalena Grassi” è una piccola realtà, ma un monaco della Cascinazza (un convento vicino a Milano) l’ha rassicurato dicendo che la loro era un’esperienza grande pur con le piccole dimensioni. Ha quindi raccontato gli esordi di vent’anni fa: un gruppo di amici, tutti professionisti della medicina, che hanno iniziato l’assistenza domiciliare rispondendo a bisogni che vedevano nelle persone che incontravano, soprattutto, in quel periodo, malati di Aids. A una prima struttura residenziale ne sono seguite altre, anche in collaborazione con gli ospedali milanesi Sacco e Fatebenefratelli con l’assistenza della clinica Columbus. Da pochi malati l’assistenza ora riguarda circa 400 persone al giorno, malate in stato vegetativo, con malattie neurovegetative e psichiatriche. “Con l’assistenza domiciliare, – ha aggiunto – che deve essere sicura e fortemente specialistica, si incontra non una malattia, ma una persona”.
Ha avuto un approccio più tecnico il discorso di Sandro De Poli: “Dal nostro osservatorio mondiale di società multinazionale vediamo che c’è un aumento delle malattie croniche”. L’ospedale non è sempre adeguato e allora la tecnologia (De Poli ha mostrato gli strumenti prodotti dall’azienda da lui presieduta) può consentire un controllo continuo del malato, a costi contenuti, pur restando assistito a casa propria, perché dall’abitazione i dati vengono trasferiti in tempo reale ai centri di rilevamento ed elaborazione dei dati.
Luca Munari ha precisato che la Sapio Life è un’azienda profit che sta lavorando per cambiare il modello di offerta di salute perché cambiano i bisogni: “Spesso un paziente non ha una sola malattia, ma diverse che vanno trattate insieme stabilendo percorsi di cura personalizzati”. Questa realtà mette in crisi il modello ospedaliero specialistico, che risponde con un’organizzazione uguale a bisogni diversi ed è adatto ai momenti acuti della malattia. “Nell’assistenza domiciliare si rende necessaria l’assistenza di diversi attori collegati tra loro che sappiano dare al paziente quello che gli serve”, spiega la relatrice. Con il vantaggio di un contenimento dei costi ottenuto anche con diversi tipi di contratto con gli erogatori di tecnologia e di servizi.
“Pfizer Italia è la prima industria farmaceutica in Italia e cerca di sviluppare nuovi farmaci a prezzo sostenibile”, è stato questo l’esordio di Marina Panfilo, “e ha la missione di collaborare con sistemi sanitari di diversi Paesi”. Panfilo ha rimarcato il ruolo degli ospedali che sono passati dal 1985 da 6,5 a 4 posti letto per mille abitanti attuali. Quindi l’assistenza domiciliare si rivela quanto mai necessaria tanto più di fronte a un aumento della vita media che porta con sé diverse patologie. La relatrice ha mostrato poi con un filmato come Pfizer Italia abbia stipulato accordi con quattro regioni per un percorso di assistenza a domicilio per pazienti cardiopatici in cui viene introdotta la figura del “care manager” che gestisce i rapporti tra paziente, medico di base, specialista e ospedale.
Sempre appassionato Carlo Lucchina nei suoi interventi. La Lombardia ha fatto molto su questo tema, ha esordito, e ha già fatto il passaggio da “curare” a “prendersi cura” della persona malata, perché sempre più spesso non si sa se il bisogno sia sanitario, socio-sanitario o sociale. L’assistenza a domicilio non riguarda solo gli anziani (“la Lombardia considera anziani gli ultra 75enni, non i sessantacinquenni che sono ben vitali”), ma anche psichiatrici, di psichiatria infantile, di patologie dovute alle droghe anche di persone di 30 anni. Lucchina ha poi richiamato l’attenzione sugli stili di vita che comportano gravi rischi per la salute. “Le risorse sono scarse, ma bisogna partire dalla prevenzione che inizia dagli stili di vita”. Sugli ospedali ha confermato che il loro intervento riguarda la fase acuta della malattia, ma poi non può abbandonare il paziente. Questo richiede, osserva, “che tutti gli operatori sanitari devono cambiare il loro approccio con le persone di cui devono prendersi cura e che devono ascoltare”.
L’assistenza domiciliare ha la necessità di coinvolgere tutta la famiglia che vive con la persona malata, ha affermato Mario Melazzini. E porta come esempio il Centro Nemo di Milano che accompagna l’ammalato fin nella sua casa sottolineando la centralità della persona. Con lui i sanitari devono costruire il percorso di cura che ha lo scopo di migliorare la qualità della sua vita. “Senza mai dimenticare due cose fondamentali: la speranza e il sorriso”.
“L’assistenza domiciliare è uno strumento di realizzazione del concetto di prendersi cura della persona”, ha concluso Bregni. “In Lombardia in campo oncologico è già in atto e si spera poi di portare le innovazioni in tutto il sistema sanitario nazionale”. Ha annunciato poi un wordshop sull’argomento a Milano il prossimo 9 ottobre (informazioni: www.medicinaepersona.it).

(A.B.)
Rimini, 26 agosto 2010