105. I 60 anni della Costituzione e le sfide del futuro

Press Meeting

Grande ovazione come ormai consuetudine per il vecchio amico del meeting. Oggi alle 19.00 in sala A1 Giulio Andreotti, Paolo Grossi e Giulio Tremonti si sono trovati per festeggiare i sessanta anni della nostra costituzione. “Non si tratta di un compleanno banale. La grande unanimità nonostante le insanabili divisioni degli schieramenti dell’assemblea costituente hanno rappresentato un’importante lezione di metodo. Un miracolo”. Questa l’introduzione di Luca Antonimi, docente di Diritto Costituzionale all’Università di Padova. E ha formulato le tre domande ai relatori. Quella rivolta a Grossi insisteva sulla “Costituzione come atto di ragione”. Rivolgendosi al senatore a vita ha chiesto “qual è stato il segreto del miracolo costituente”. Invece al ministro Tremonti, rimandando al titolo del suo ultimo libro, ha chiesto “quale speranza per il futuro a partire dalla costituzione”.

La lectio del docente di storia del diritto medievale e moderno intende sottolineare la prevalenza della dimensione ragionevole, almeno nei principi fondamentali nella prima parte della carta, “dove si delineano analiticamente i diritti e i doveri dei cittadini”. Aggiungendo: “in apparente contraddizione rispetto alle diverse tendenze dei costituenti. Non siamo ingenui a pensare ad una riunione di angeli nei palazzi romani, ma a persone che responsabilmente si impegnarono in un periodo storico delicato”. Grossi fa una precisazione storica rispetto ai diversi approcci del costituzionalismo. Distingue due tendenze. Un primo costituzionalismo riconducibile al giusnaturalismo e un secondo di cui il Novecento è il contesto storico. Se per il primo approccio la “divinizzazione della soggettività” (cita il dialogo dell’allora cardinale Ratzinger con Ernesto Galli della Loggia) ritiene sia il suo grosso limite, per il secondo il notevole merito è avere riportato “al centro il soggetto, ma questa volta inserito in un contesto storico e geografico”. E conclude affermando: “La nostra costituzione non è un catalogo di diritti, ma un grande atto di umiltà perché lettura rispettosa della società, lettura di realtà complessa dove il soggetto è inteso come persona”. Il professore infarcisce il suo discorso di citazioni spaziando da Tommaso d’Aquino a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI elogiando la ragione della Fides et Ratio.

Nel rispondere alla domanda posta sul segreto del miracolo costituente, il senatore a vita parte dal ricordo personale di essere stato tra i più giovani partecipanti all’Assemblea Costituente redigendone il primo verbale. “Nel vedere uomini che avevano fatto la storia del Paese noi cosa potevamo fare? L’unico emendamento da me proposto me lo fecero ritirare”. Il senatore continua precisando che l’unica grande aspirazione dei padri costituenti era contribuire a scrivere una Carta capace di resistere nel tempo. “E l’esperienza – precisa – dimostra che regge ancora”. L’intervento termina con una sottolineatura dell’importanza di riflettere sulla Costituzione che “oltre ad essere normativa giuridica vuole essere un grande indirizzo di natura morale e politico. Ringrazio Dio per avermi fatto introdurre alla politica attraverso un grande uomo qual era Alcide De Gasperi”.

Il ministro dell’Economia attacca il suo discorso citando dal Gattopardo “se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi”. E precisa: “Nella nostra Costituzione è accaduto esattamente l’opposto. Nel 2001 si vara il Titolo V ma di fatto il federalismo fiscale non è mai andato in porto. Formalmente la Costituzione in sessant’anni non è cambiata, tuttavia se la forma non è cambiata, questa materialmente è mutata sia internamente per come si è sviluppata la società italiana sia esternamente a causa dell’Europa”. Nel ripercorrere le fasi dello sviluppo della storia italiana, Tremonti spiega che ad una prima fase di rigore in economia che rispondeva al principio “No taxation without representation”, in una seconda fase si volle rispondere ai grandi mutamenti sociali in atto con una politica del debito pubblico rendendola “una cambiale dagli effetti mefistofelici per gli italiani”.
Per contrappasso l’effetto di quella cambiale – sottolinea – lo ha pagato negli anni Novanta quella stessa classe politica. “Dal ’92 sono scomparse le forze politiche che hanno siglato il patto costituzionale”. Il vuoto è stato colmato da un nuovo sistema politico che ha fatto emergere due figure istituzionali su tutte. Il Presidente della Repubblica che ha visto crescere di importanza il suo ruolo e il capo del Governo che, eletto direttamente dal popolo, in altri contesti istituzionali verrebbe identificato con il governo del presidente. “Ciò che cambia è la questione del potere”. Se sessant’anni fa si volle mettere sotto tutela il potere dell’esecutivo limitando le funzioni del governo, oggi la questione si è ribaltata: “I popoli chiedono, i governi devono poter dare una risposta”. E continua “viviamo in una fase in cui c’è bisogno di governo e di governance. La nostra risposta a quanti ritengono ‘l’eccesso di forza di governo’ come una manifestazione di autoritarismo è ‘noi siamo impegnati nella riforma federalista’ e non mi risulta che Mussolini sia stato federalista”.

L’altro fattore di cambiamento individuato dal ministro è il processo verso l’unità europea, che ha fatto penetrare le influenze occidentali attraverso la ratifica dei trattati internazionali. Chiosa Tremonti: “La Costituzione Italiana non è più sola. La nostra Carta è parte di quella europea e la Cedu influenza la nostra”. Nella sua conclusione il ministro rileva il fallimento di tutte le ideologie del Novecento, comunismo, nazismo e – dice – visti gli esiti anche l’ultima esistente, “il mercatismo liberista”. E domanda: “Allora quale nuova ideologia? Non ho nostalgia del Romanticismo, ma penso siano una buona base di partenza valori quali moralità, responsabilità (vedi introduzione del 5 per mille) e sussidiarietà. Come sintetizzare tutto questo in tre parole? Dio, Patria e Famiglia”.

(G.F.I., S.A.)
Rimini, 27 agosto 2008