Privi di meraviglia, restiamo sordi al sublime. Alcune domande a Joseph H. H. Weiler.

Agosto 2020

di Giuseppe Bianchini

Davanti ai salottini degli ospiti, prima dell’incontro centrale del Meeting.

C’è attesa per l’arrivo di Joseph Weiler, docente universitario e giurista di fama internazionale, invitato a confrontarsi con il titolo della edizione speciale del Meeting: Privi di meraviglia, restiamo sordi al sublime.

Weiler non anticipa molto del suo discorso, ma non si sottrae alle domande che i giornalisti gli rivolgono: “Se dovessi parlare della meraviglia nella mia vita potrei dire questo: io ho parenti italiani, alcuni ancora viventi, che abitavano a Trieste. Durante la seconda guerra mondiale alcuni di loro vennero nascosti in una chiesa cattolica e salvati dall’imperversare della persecuzione nazista; quelle persone che si adoperarono per proteggere i miei parenti rischiarono la vita per aiutare degli ebrei: ecco questo secondo me ha a che fare con la meraviglia e il sublime.”

Come tipico della cultura biblica Weiler ci dona un midrash, un racconto, più che una spiegazione.

Ha conosciuto personalmente il filosofo e rabbino Abraham Heschel, la cui citazione è il titolo del Meeting, e ne delinea in alcuni tratti la figura di grande pensatore e profondo conoscitore dell’umano, scrittore principalmente di due saggi L’uomo non è solo e Il Dio in ricerca dell’uomo, in cui emerge la cultura o meglio il sitz im leben - ambiente vitale - che caratterizza sia il filosofo, sia il relatore. I titoli dei due testi sembrano esprimere una contraddizione che Weiler non risolve ed anzi colloca il suo intervento in questo aspetto di dialogo tra elementi apparentemente discordanti.

Prosegue infatti: “Come si può parlare di meraviglia e di sublime in un contesto come il nostro? Che c’è di sublime nella pandemia mondiale, centinaia di migliaia di morti e senza una certezza sul futuro?”.

Ma che cos’è la meraviglia nella tradizione del popolo ebraico? La risposta diretta è un riferimento molto chiaro: non è la meraviglia rispetto ad un evento naturale strabiliante; è l’umano la strabiliante fonte di meraviglia.

L’umano con tutte le sue grandezze e le sue meschinità.

Questo la struttura della lezione di Weiler che invita a seguire la totalità del suo intervento perché “non si può diminuire il valore della parola”.