Il ritorno delle Regioni

Agosto 2020

DIBATTITO TRA I GOVERNATORI E CASSESE A CINQUANT’ANNI DALLA ISTITUZIONE

di Maurizio Vitali

Più autonomia uguale più democrazia. Soggetti essenziali si confermano le Regioni. La gestione dell’emergenza pandemia ha mostrato che esse sono snodo decisivo anche per una collaborazione a obiettivi nazionali, sia per individuarli sia per realizzarli. Di centrodestra o di centrosinistra che siano i loro governatori, su questi punti la convergenza tra di loro appare solida. Lo si è visto a Rimini, dove cinque presidenti sono intervenuti a un dibattito in occasione dei cinquant’anni dalla nascita delle Regioni (uno del centro sinistra, Stefano Bonaccini, pd, Emilia Romagna; gli altri quattro del centrodestra: Giovanni Toti, Forza Italia, Liguria; Luca Zaia, Lega, Veneto; Massimo Fedriga, Lega, Friuli Venezia Giulia; Maurizio Fugatti, Lega, Provincia autonoma di Trento). A discutere con loro, un illustre costituzionalista come Sabino Cassese.

Le Regioni italiane compiono mezzo secolo di vita. Ma, oltre al celebrare, ineludibile è interrogarsi su due versanti. Uno, se l’architettura dello Stato che si disegna con le Regioni è oggi soddisfacente; due, se le Regioni superano o meno la prova dell’efficienza e della cooperazione al bene comuna nazionale.

Cassese prospetta le questioni di fondo in tutta la loro serietà: posto che le Regioni furono varate “per la salvezza dello Stato”, nel 1970,  ventidue anni la loro previsione in Costituzione come elementi costitutivi dello Stato, posto che non è da ignorare che a fronte di una forte crescita delle competenze si è manifestata negli ultimi vent’anni una disaffezione politica ed elettorale, le domande sono: uno, che valutazione diamo delle performance, cioè dell’efficienza della spesa; due: che fare?

Cassesse è piuttosto severo nella risposta alla prima questione: le Regioni non hanno dimostrato di essere più efficienti dello Stato, hanno creato a loro volta una loro burocrazia, nella riforma costituzionale del 2001 del Titolo V è scomparsa la menzione del Mezzogiorno e delle Isole come obiettivo di sviluppo.

Su queste valutazioni i governatori, sostanzialmente, non sono stati d’accordo. Quanto al che fare, Cassese suggerisce di mettere in discussione “numero e taglia” delle Regioni, di rimodulare l’attribuzione delle funzioni fra Stato e Regioni (il tema riguarda in concreto soprattutto la sanità, la cui gestione c’è chi vorrebbe sottrarre alle Regioni), di rafforzare il ruolo della Conferenza Stato Regioni come luogo di “regionalismo collaborativo”. Su questi punti i governatori si mostrano più convinti. Bonaccini sulla “rinazionalizzazione della sanità” annuncia barricate, sulla revisione del numero e delle dimensioni delle Regioni si schiera in prima fila. Fate mente locale: la Lombardia ha 10 milioni di abitanti, come il Belgio o l’Austria, il Molise 300mila, meno della Bovisa o della Garbatella. Bonaccini distingue tra regioni virtuose e no: la sua ha impegnato con un anno di anticipo il 98% fondi europei. Segnala un problema che è un problemone: in 5 anni di guida della Romagna ho avuto a che fare con quattro governi diversi, “lavorare bene esige continuità”. E’ d’accordo Cassese: le Regioni sono “presidenzialiste” dagli anni ’90 (il presidente ha il voto diretto del popolo e il sistema favorisce la continuità, ndr.). Questa scelta doveva rappresentare una sperimentazione da applicare a livello del potere centrale. Invece non se ne è fatto nulla.

Totti fa professione di fede federalista, butta lì che la burocrazia romana ha lasciato andare in malora il ponte Morandi, gli anti locali (anche il Comune, si segno politico diverso dal suo, ndr) l’hanno ricostruito, metterebbe la conferenza Statyo Regioni anche in costituzione, nel senso di un parlamento federale.

Tuto invita a guardare alla Germania  fedelale dei laender. Zaia ricorda che De Gasperi era autonomista nel parlamento austriaco come poi in quello italiano. Ma soprattutto ce l’ha con l’U.C.A.S., l’Ufficio complicazioni affari semplici, la burocrazia centralista che complica e frena. Quanto all’efficienza e alla uguaglianza tra le Regioni, cala il carico: “Si mettano costi standard”. Trento e Trieste hanno autonomie speciali. “Ne chiediamo ancora di più”.