
Un secolo fa nasceva la scrittrice statunitense che ha saputo raccontare il Mistero attraverso la fragilità umana
Dalla sua infanzia nel Sud degli Stati Uniti alla malattia che segnò la sua esistenza, fino al riconoscimento della sua opera: il ricordo di una delle più grandi autrici cattoliche del Novecento
La vita e la vocazione letteraria di Flannery O’Connor
Parafrasando le parole di Robert Fitzgerald, Flannery O’Connor è stata una brillante giovane donna che ha iniziato la sua carriera con un talento per la commedia e ha lasciato in eredità un corpus di racconti capaci di svelare alcune delle verità più profonde dell’esistenza umana. Thomas Merton la paragonò a Sofocle, riconoscendo nella sua scrittura una potenza tragica capace di illuminare il mistero della vita.
Nata nel 1925 a Savannah, in Georgia, O’Connor crebbe in un Sud profondamente segnato da un protestantesimo rigido e integralista, mentre lei rimase sempre saldamente ancorata alla fede cattolica. La perdita del padre, morto quando aveva solo 15 anni, segnò profondamente la sua sensibilità: «La realtà della morte ci ha raggiunti e la consapevolezza della potenza di Dio ha sfondato il nostro compiacersi come un proiettile nel fianco», scrisse in una lettera.
Dopo essersi distinta come studentessa dello Iowa Writers’ Workshop, una delle scuole di scrittura più prestigiose degli Stati Uniti, O’Connor si trasferì a New York, entrando in contatto con il mondo letterario della East Coast e con Robert e Sally Fitzgerald. Ma proprio quando sembrava che la sua carriera stesse per decollare, le venne diagnosticato il lupus, la stessa malattia che aveva ucciso suo padre. Fu costretta così a tornare nella sua casa di Milledgeville, in Georgia, dove visse con la madre fino alla sua morte, a soli 39 anni.
Un’arte radicata nel limite
Seppur confinata tra le mura domestiche e i campi della sua terra natale, Flannery O’Connor raggiunse una profondità artistica e spirituale senza pari. I suoi racconti, popolati da personaggi grotteschi e ambientati in un Sud rurale dominato da conflitti morali e spirituali, sono il frutto di una visione lucida e radicale della realtà. La sua vita, come lei stessa diceva, fu «una vita spesa tra la casa e il giardino», eppure proprio in questa dimensione limitata scoprì la vera grandezza della sua vocazione. «La vocazione implica l’esperienza del limite», ripeteva spesso, e nella malattia, nella scrittura e nella fede trovò la via per una sempre più profonda comprensione del Mistero che attraversa l’esistenza.
La mostra al Meeting di Rimini
Nel 2010 il Meeting per l’Amicizia fra i Popoli di Rimini dedicò una mostra a Flannery O’Connor, approfondendo il suo straordinario contributo alla letteratura contemporanea. Il percorso espositivo si apriva con una panoramica sulla sua vita, per poi entrare nel cuore della sua poetica, attraverso il suo sguardo di credente sull’arte dello scrivere.
La seconda sezione della mostra era incentrata sulle sue opere, con esempi tratti dai suoi racconti che mettevano in evidenza il suo stile incisivo e la sua capacità di dare carne alla parola scritta. L’ultima parte offriva uno spaccato sugli ultimi giorni della scrittrice, trascorsi in ospedale, dove continuò a scrivere e a mantenere viva la corrispondenza con i suoi amici più intimi. Le sue ultime storie e lettere rappresentano il compimento del suo percorso: una vita spesa a riconoscere nel limite la possibilità di un infinito e di un Mistero buono.
Il convegno al Meeting 2010
Mercoledì 25 agosto 2010, nella Sala A2 del Meeting di Rimini, si tenne l’incontro Flannery O'Connor. L'infinita misura del limite, in occasione della presentazione della mostra. Parteciparono Stephen E. Lewis, docente di letteratura alla Franciscan University of Steubenville, Annie Devlin, curatrice della mostra, e Michael Fitzgerald, sceneggiatore e amico personale della scrittrice. L’introduzione fu affidata al poeta e scrittore Davide Rondoni.
L’evento si inseriva in un progetto più ampio che comprendeva anche uno spettacolo teatrale, dimostrando il crescente interesse per O’Connor anche in Italia, come confermato dall’attenzione che le riservò il poeta Attilio Bertolucci.
Durante l’incontro, Stephen E. Lewis esplorò il rapporto tra la narrativa di O’Connor e la conoscenza del cuore umano, mettendo in luce come la scrittrice, con il suo stile asciutto e tagliente, sapesse rivelare il desiderio di grandezza nascosto nell’animo dei suoi personaggi. Attraverso un’analisi di racconti come Brava gente di campagna e Il negro artificiale, evidenziò il modo in cui O’Connor metteva in scena l’arroganza umana e la violenza che ne deriva, conducendo i suoi protagonisti – e i suoi lettori – a momenti di redenzione e rivelazione.
Annie Devlin, dal canto suo, raccontò la sua esperienza di curatrice della mostra e il personale fascino esercitato su di lei dalla scrittrice, sottolineando come la fede di O’Connor e il suo sguardo ironico e acuto sulla realtà costituissero un invito a riconoscere il Mistero nella vita quotidiana.
L’incontro contribuì a rendere ancora più viva la presenza della scrittrice al Meeting di Rimini, confermando la sua capacità di parlare, con la sua scrittura limpida e tagliente, alle domande più profonde di ogni lettore.